Aumenta il numero di minori che vive in uno stato di povertà

In Italia di oggi più una persona è giovane, più è probabile che si trovi in povertà assoluta

E’ triplicato il numero dei minori al di sotto dei 18 anni che vive in uno stato di povertà. Se nel 2005 erano il 3.9% attualmente la percentuale supera il 12%. Questi i dati presentati oggi a Roma, presso il Centro Congressi Università Sapienza, da Con i Bambini. Secondo il rapporto nell’Italia di oggi più una persona è giovane, più è probabile che si trovi in povertà assoluta. L’Italia ha quindi un enorme problema, da affrontare, con la povertà minorile e giovanile. E questo riguarda soprattutto il futuro, la possibilità, anche per chi nasce in una famiglia povera, di avere a disposizione gli strumenti per sottrarsi da adulto alla marginalità sociale. “Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile è uno degli strumenti più innovativi nel campo della lotta alla povertà attivi nel nostro Paese – ha spiegato Giuseppe Guzzetti presidente di Acri. È nato grazie a un accordo fra Fondazioni di origine bancaria, Governo e Forum Nazionale del Terzo settore. Coinvolge l’intera comunità educante: scuola, terzo settore, enti locali e famiglie e sta attivando le migliori energie del Paese nello sforzo comune per combattere un’emergenza che deve essere una priorità di un paese civile. Il secondo Rapporto sulla povertà educativa minorile di Openpolis e Con i Bambini contribuirà ad accendere ancora di più i riflettori su questa tematica e a evidenziarne l’impatto in maniera ancora più dettagliata”. Il risvolto del problema è soprattutto educativo. Le famiglie più povere sono generalmente quelle con minore scolarizzazione. Contrastare la povertà nella fascia più giovane della popolazione significa offrire concretamente a tutti i bambini e gli adolescenti, uguali opportunità educative. Rispetto alla media europea, l’Italia tende a investire meno in istruzione. “Abbiamo voluto focalizzare l’attenzione sulla presenza e accessibilità dei servizi per i minori nel nostro Paese. Il lavoro dell’Osservatorio Openpolis – Con i Bambini è molto importante – ha spiegato Carlo Borgomeo presidente dell’impresa sociale Con i Bambini – Da una parte la conoscenza sempre più approfondita e puntuale del fenomeno della povertà educativa è indispensabile per orientare le attività promosse dal Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, dall’altra contribuisce in modo decisivo all’azione di advocacy, che resta un obiettivo centrale della nostra iniziativa. Aggredire in modo puntuale e organico il fenomeno della povertà educativa minorile, non riguarda solo la sfera dei diritti, seppur importante, ma anche il tema dello sviluppo del Paese”. Per decenni l’asilo nido è stato considerato solo nella sua funzione sociale, di assistenza alla famiglia. È una acquisizione più recente il suo ruolo educativo: è infatti nella primissima infanzia che si gettano le basi di tutti gli apprendimenti futuri. Perciò il contrasto alla povertà educativa non può prescindere dall’estensione di questo servizio. L’Ue nel 2002 ha stabilito come obiettivo per gli stati membri di arrivare almeno a 33 posti in asili nido o servizi prima infanzia per i bambini con meno di 3 anni. Rispetto a questo obiettivo l’Italia è ancora indietro. In termini assoluti, a fronte di una platea potenziale di 1,5 milioni di bambini, sono circa 350 mila i posti disponibili. Un elemento da non sottovalutare è che sulla copertura degli asili nido incide un vistoso calo della popolazione tra 0 e 2 anni, -16,70% di bambini con meno di tre anni tra 2011 al 2018. Nello stesso periodo la popolazione complessiva è rimasta stabile sui 60 milioni di abitanti. Le disuguaglianze educative ed economiche spesso si sommano ad altre di tipo territoriale. Distanza e carenza di servizi hanno condannato le aree interne ad una progressiva marginalità, a partire dalla metà del secolo scorso. Se isoliamo la tendenza demografica dei soli giovani in età per andare a scuola (6-18 anni), ci accorgiamo di una profonda disparità tra i centri e le aree più periferiche del paese. Nei comuni polo e cintura, per quanto faticosamente, il numero di ragazzi tra 6 e 18 anni tutto sommato tiene. Mentre è nell’Italia interna, quella dei comuni intermedi, periferici e ultraperiferici, che la popolazione in età per la scuola sta calando in modo più consistente. “In un Paese dove l’ascensore sociale è rotto e due terzi dei bambini con i genitori senza diploma resta con lo stesso livello d’istruzione, è indispensabile un forte investimento sull’educazione – ha commentato Vincenzo Smaldore, responsabile editoriale Openpolis. Purtroppo l’Italia è quintultima in Europa per spesa in istruzione, con appena il 3,9% del Pil. Molto al di sotto della media europea del 4,7%. Profonde disuguaglianze ci sono fra Centro e Periferia; fra Nord e Sud (esempio: le 5 regioni che offrono meno posti in asilo nido sono tutte del Mezzogiorno, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Campania); fra comuni più connessi e aree interne (esempio: 10,3% dei ragazzi tra 14 e 18 anni residenti in Italia vive in un comune interno senza scuola superiore statale)”. In Italia in media la popolazione con meno di 18 anni rappresenta il 16,2% dei residenti. Nei comuni periferici e ultraperiferici, la popolazione con meno di 18 anni arriva a malapena al 15%. Mentre la quota cresce fino al 17% nei comuni di cintura. Questi sono gruppi di comuni limitrofi che, sebbene presi da soli non costituiscano un polo, complessivamente offrono un livello di servizi paragonabile a quello dei centri maggiori. Nelle aree interne il ruolo della scuola è importante anche come fattore di coesione territoriale. “I dati sulla povertà educativa minorile nel nostro Paese sono allarmanti e ancora troppo forti sono le disparità nell’accesso ai servizi educativi per bambini e ragazzi – ha dichiarato Stefano Tassinari del coordinamento nazionale del Forum del Terzo Settore. Avere accesso ad una educazione di qualità è non solo un diritto fondamentale, ma la prima strategia di azione efficace contro la crescita esponenziale delle diseguaglianze e della povertà”. L’elevata mobilità degli insegnanti, in primo luogo, che fa venir meno la continuità didattica per le ragazze e i ragazzi, strutture sottodimensionate o difficilmente raggiungibili, e più in generale difficoltà di accedere a scuole dove i livelli di apprendimento e la qualità educativa sono equivalenti a quelle dei centri maggiori aggravano ancora di più le condizioni dei ragazzi che vivono in quelle aree. “La povertà educativa minorile è spesso causa ed effetto di quella economica – ha precisato Stefano Buffagni, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Presidente Comitato Indirizzo Strategico del Fondo – Dal Rapporto emerge un quadro impietoso e disarmante dell’Italia, dove la scarsa mobilità sociale in atto in questi anni si ripercuote principalmente nella crescita dei bambini. Scuole e asili sono, devono essere, la base per ricucire il Paese. È compito nostro, della politica, delle istituzioni mettere in campo azioni concrete per combattere qualsiasi forma di povertà, a partire dai minori. Per questo il sostegno del Governo al Fondo non poteva e non può mancare e, aggiungo, non mancherà mai”.

Monica De Santis

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