Riceviamo e pubblichiamo
Zapoli è una ridente città sul mare. Ha un vulcano mezzo addormentato, il Zesuvio. Le cronache di Zapoli sono narrate da diverse testate, sulle quali spicca Il Gattino. Zapoli è una realtà immaginaria che trae spunto, ma solo iconografico, dalla sua città gemella: Napoli. Così il destino di Napoli e quello di Zapoli si intersecano all’infinito, ma senza mai incontrarsi. Passano i millenni e le due narrazioni, tutto sommato, rendono afone entrambe le realtà: Zapoli e Napoli, in questo gioco di specchi rotti, diventano proiezioni personalissime del proprio punto di vista.
Il sottoscritto, pur avendo attraversato millenni, ancora non riesce a fare a meno di leggere tutti i giorni le miracolose cronache di una città che non c’è. Così scopro ogni decennio che a Zapoli è scoppiata la crisi del “parcheggiatore abusivo”, problema che però i solerti Amministratori risolveranno in due settimane. Mentre, nella reale Napoli, il mestiere più antico del mondo non è quello dei tanti altrove, ma proprio questo e, millennio dopo millennio, rimane intatto agli angoli di ogni strada. Mentre a Zapoli si narra la moltiplicazione dei pani e dei pesci ad opera dei transiti turistici, a Napoli i ragazzi svolgono (rigorosamente a nero) il ruolo di venditori di cuoppi fritti con un compenso di 40 euro al giorno, per dodici ore di fatica. Si arriva stremati a mille euro al mese, ma non si riesce a costruire un bel niente e conosco ragazzi che, diventati adulti, si sono trovati un pugno di mosche in mano: nessuna casa, nessuna sicurezza, nessun amore registrato all’anagrafe. Basterebbe inviare qualche controllo, ma anche solo a pensarlo si passa per disfattisti.
L’Assessore al Welfare di Zapoli, proprio sulle colonne del Gattino, si vantava qualche giorno fa di avere elargito 100 patenti a 100 donne in difficoltà, a margine però di un’intervista su un omicidio tra clochard per una coperta. In qualsiasi altra città del mondo l’antico adagio “causa-effetto” renderebbe aggressivo anche il cronista più amico. Così, con decine di migliaia di marginali a spasso, molti fulminati e in preda a disturbi psichiatrici, è la lotteria della patente a salvare il destino degli ultimi.
Mirabolanti rinascite, decori, sicurezze, impulsi alla occupazione che, secolo dopo secolo, si sono trasformate in perenni preghiere non esaudite. A Piazza Garibaldi, a memoria del sottoscritto, impenna da sempre il dramma dei pisciatori clandestini e filosofi e saggi non riescono ad elaborare una teoria attraverso la quale trovi evidenza l’assioma che al cogito ergo sum, si abbini quella che ogni Uomo deve … Ma ogni assioma nella Zapoli dei migliori viene triturato dalla Ideologia, per cui i solerti cronisti individuano nella sola etnia migrante quella che per sopravvivere deve urinare. Proposte come la “ronda del pappagallo” o “pannoloni per tutti” si scontrano con l’evidenza che, dopo oltre mezzo secolo di dibattito coltissimo, un cesso pubblico a Piazza Garibaldi non c’è. Come non abbiamo a Zapoli soltanto il trasformismo classico, nel senso della italica migrazione coatta tra una formazione politica e un’altra. Il fenomeno, tutto nostro, è il transito quotidiano da “cà a là”: un fraveca e sfraveca, vede la nostra solerte classe dirigente contemporaneamente comunista e fascista, rosa confetto e fascioleghista. Un gioco perenne che come un’onda li fa svegliare al governo, pranzare all’opposizione e poi, dopo un meritato riposino, indossare a caso ogni maschera dello scibile. Il Gattino e gli altri organi di informazione zapoletani seguono queste evoluzioni con classe e grandissima maestria, per cui le narrazioni di Zapoli si trasformano in cronache di un altrove astratto. Ma il fenomeno del “Gattino ha l’oro in bocca”, come una follia omeopatica collettiva, pur non arrivando alla perversione omicida del film di Kubrik, infetta l’uscio delle nostre psiche, confondendole in un’eterna menzogna che raccontiamo innanzitutto a noi stessi: si è complici di un sistema di soppressione della realtà, come parcheggiatori abusivi dell’esistere. Eppure questa Amministrazione, con la sua capacità di dialogo e il suo consenso bulgaro, si è aggiudicata Regione, Comune e tutte le dieci Municipalità. Ha stretto “pacchi e patti” con Governi centrali affini o quasi affini e ingurgitato risorse economiche che potrebbero rilanciare anche New York. Ma niente: topi vivi e morti per strada, decine di migliaia di senza tetto, esplosione di micro crimine e criminalità organizzata, una turistificazione che trasformerà la città in rovina, nessuna politica seria sulla casa, lavoro precario, disservizi in ogni ambito dell’esistere e un senso di incuria che mette ansia. Ma va tutto a gonfie vele e la città vola in testa ad ogni classifica. In realtà, vi confesso un segreto, a Zapoli l’unica ossessione dei potenti è il box auto: il nostro filosofico “ponte sullo stretto”, dove l’inutilità delle opere faraoniche dei migliori italici, viene declinata localmente in una compulsione intimissima. Dopo avere attraversato ogni potenziale gioco di ruolo nella vita pubblica, in un intreccio feudale di interessi e amicizie, il potente deve tornare a casa e indossare l’ennesima maschera quotidiana del buon qualcosa, così sogna di chiudersi almeno qualche minuto nel suo box auto e finalmente essere unicamente sé stesso.
Luca Musella