L’esposizione che ricostruisce attraverso documenti e cimeli la carriera dello studioso italiano che fu Soprintendente alle antichità della regione nei delicatissimi anni del fascismo e della seconda guerra mondiale
La “mostra –omaggio” ad una delle più insigni figure dell’archeologia campana del Novecento dopo Pompei approda finalmente a Napoli. E’ stata inaugurata al Mann “Amedeo Maiuri – Una vita per l’archeologia”, esposizione che ricostruisce attraverso documenti e cimeli la carriera dello studioso italiano che fu Soprintendente alle antichità della regione nei delicatissimi anni del fascismo e della seconda guerra mondiale.
“Sono davvero emozionato nell’essere qui stasera a presentare un eccellente lavoro dedicato ad un vero gigante dell’archeologia – ha affermato Paolo Giulierini, direttore del museo napoletano, presiedendo la cerimonia d’inaugurazione – Solo partendo dall’ esempio e dagli insegnamenti che Maiuri ha lasciato, le nuove generazioni potranno dare il giusto contributo, come già lui stesso fece a suo tempo, allo sviluppo degli studi in questa disciplina”.
Il taglio del nastro è stato preceduto dalla proiezione di un filmato che ha illustrato tanto la meticolosa organizzazione alla base dell’allestimento quanto aspetti meno conosciuti della carriera del grande studioso, raccontati non solo dalla voce di esperti ma anche da semplici operai e custodi delle aree archeologiche vesuviane : “Forse non tutti sanno che Maiuri conseguì la sua laurea in Filologia bizantina e che ebbe modo di accostarsi all’archeologia grazie alla decifrazione di alcune iscrizioni scoperte nell’isola di Creta – ha affermato Umberto Pappalardo, curatore della mostra nonché direttore del Centro Internazionale di Studi Pompeiani – Oltre ad essere uno scrupoloso scavatore, Maiuri fu anche un attento restauratore ed urbanista: nel caso di Pompei, ad esempio, ideò la Piazza Anfiteatro affinchè potesse fungere da raccordo tra la città antica e quella moderna, valorizzare pienamente il contesto ambientale attraverso la piantumazione dei platani attorno all’intera area degli scavi”.
A conclusione della cerimonia la lettura da parte dell’attore Peppe Barrile di brani tratti da testi scritti dallo stesso Maiuri (“Vita da archeologo”, “Cronaca di me stesso”) grazie ai quali è stato possibile conoscere particolari vicende private e professionali, dall’amore per le “trecce” di una collega universitaria, poi divenuta sua moglie, all’ incredibile scoperta, avvenuta all’interno di una proprietà privata, della gamba mancante del Diomede di Cuma.
L’allestimento del Mann contiene in realtà una minima parte dell’enorme patrimonio documentario lasciato in eredità dall’archeologo: di grande spessore le pubblicazioni scientifiche (dal volume sulla Casa del Menandro ed il suo tesoro di argenteria agli studi su Stabia) così come i preziosi taccuini di scavo in cui veniva annotato scrupolosamente ogni minimo dettaglio; un corpus pregevole caratterizzato, infine, dai numerosi attestati di onorificenza e da peculiari cimeli quali l’originale “livrea” dell’Accademia d’Italia.
“Amedeo Maiuri – Una vita per l’archeologia” sarà visitabile sino al prossimo 20 febbraio durante il regolare orario di apertura del Mann.
Angelo Zito