Togliere i bambini ai genitori mafiosi? Convegno diviso, Cafiero De Raho: “È giusto”

L’incontro alla biblioteca nazionale di Napoli sulla svolta di alcuni tribunali dei minorenni e la delibera del Csm, che chiede una legge per la decadenza della patria potestà dei condannati per mafia

La svolta è arrivata dalla delibera approvata l’anno scorso, all’unanimità, dal Csm: un sì deciso alla linea di alcuni tribunali per i minorenni al sud, che hanno dichiarato la sospensione o la decadenza della potestà genitoriale dei condannati per associazione mafiosa. L’atto di Palazzo dei Marescialli è stato trasmesso ai presidenti delle Camere ed al ministro della Giustizia, chiedendo di recepire con legge il nuovo indirizzo della giurisprudenza. Togliere i figli ai mafiosi, per salvarli? Il dilemma divide i tribunali e l’opinione pubblica, ed anche il convegno promosso a Napoli dall’associazione di giuristi Astrea. “I provvedimenti dei magistrati sono coerenti, chi li critica non sa di cosa parla – afferma Federico Cafero De Raho, procuratore nazionale antimafia – La decisione è terribile ma quale è l’alternativa? È quella che la famiglia si perpetui secondo i modelli mafiosi e con altro uomini mafiosi, che saranno i bambini di oggi. I figli, se non hanno alternative, non riescono a capire che ci sono possibilità di vita diverse”. “Certo – aggiunge il magistrato – non basta la repressione, però queste organizzazioni non si annullano solo col lavoro, c’è una parte di persone che non vuole lavoro ma solo illecito arricchimento. Quando ero procuratore a Reggio Calabria ho visto un 14enne suggerire al nonno carcerato di non parlare, muovendosi in quel contesto era uno ndranghetista pure lui. Un bambino di 10 anni accompagnava il padre ai summit, la sua normalità era tenere armi e smontarle, custodire droga. In queste realtà i servizi sociali possono intervenire solo se scortati, e un docente a scuola non può permettersi di dire cosa fare a questi ragazzini, altrimenti rischia l’incolumità personale”.

 

Una visione opposta caratterizza l’avvocato Domenico Ciruzzi, ex vicepresidente dell’Unione camere penali. “Il concetto di famiglia mafiosa maltrattante dobbiamo assolutamente rifiutarlo – sostiene -. Ci stiamo anestetizzando verso la giurisdizionalizzazione di ogni comportamento umano. I provvedimenti sulla patria potestà sono mostruosi, non è la famiglia ma lo Stato a maltrattare, perché dovrebbe intervenire molto prima, come impone l’articolo 3 della Costituzione. Ed anche la Corte europea dei diritti umani vieta in modo assoluto l’ingerenza nei rapporti familiari”. L’incontro, per il ciclo “I dialoghi di Astrea”, presso la biblioteca nazionale, era intitolato “Incerti bambini. Stato di diritto e ragioni del sangue: sottrarre i minori ai crimini delle loro famiglie?”. Sono intervenuti anche Francesco Mercurio, direttore della biblioteca nazionale di Napoli; Gabriella Ferrari Bravo, psicoterapeuta e mediatrice familiare; Conchita Sannino, giornalista; Andrea Morniroli, cooperativa sociale Dedalus; moderatrice Marinella Pomarici del direttivo di “Astrea sentimenti di giustizia”.

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