Napoli, le fiamme gialle scoprono maxi frode fiscale, sequestri per 16 milioni

Una complessa attività di polizia giudiziaria ed economico-finanziaria 

Smartphone e personal computer e altri prodotti informatici ed elettronici venivano comprati e venduti tra società di diversi Stati, collegati ad una cricca economica e criminale che puntava ad arricchirsi  evadendo l’Iva. A scoprire la frode è stato il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli, dopo complesse e articolate indagini coordinate dalla Terza Sezione criminalità economica ed informatica della Procura di Napoli. Le indagini hanno portato a un sequestro preventivo per beni del valore di circa 16 milioni di euro tra le regioni Campania, Lazio, Molise e Lombardia. Sono state sequestrati soldi su conti correnti, beni immobili, automezzi, quote e partecipazioni societarie, considerati dal gip profitto illecito della frode fiscale.

Gli accertamenti di natura economico-finanziaria si sono sviluppati a partire da una richiesta di mutua assistenza amministrativa in materia fiscale arrivata dall’Organo collaterale olandese. Le indagini hanno documentato l’esistenza di un sodalizio criminale che ha ideato una frode nel settore della compravendita dei prodotti tecnologici tramite l’interposizione fittizia di diverse società “cartiere”, ovvero imprese che emettevano fatture per operazioni inesistenti consentendo alle imprese produttive di utilizzarle a fini di evasione fiscale, secondo il meccanismo delle “frodi carosello”. Gli acquisti sono stati effettuati da fornitori con sede in diversi Paesi dell’Ue.

Sono stati denunciati 19 soggetti ritenuti responsabili dei reati di associazione per delinquere finalizzata all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e omessa dichiarazione. Sedici le società che hanno preso parte alla maxi evasione fiscale. Al centro dell’operazione, i protagonisti erano un imprenditore e un commercialista di Napoli, che risultano avere creato dal 2015 al 2018 un giro di fatture per operazioni inesistenti per un ammontare superiore ai 200 milioni di euro. Dalle indagini è emerso che il libero professionista si dedicava anche alle indebite compensazioni di crediti inesistenti, che ammontavano a circa mezzo milione di euro e venivano effettuate attraverso modelli di pagamento F24.

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