Precaria dopo 9 anni e 2 abilitazioni, ma fiera di aver preferito la mia famiglia alla Buona Scuola

La lettera di un’insegnante napoletana: “Sono fiera della scelta che ho fatto ed ho accettato le conseguenze che ne sono derivate. A chi pensa che questa modalità risolleverà la scuola italiana, proporrei di entrare almeno una volta in classe e, davanti ai nostri giovani, gli chiederei di sostenere le loro tesi guardandoli negli occhi”

Gentile direttore, Sono una docente abilitata con le ormai vecchie SISS, ancora precaria. Ancora precaria nonostante 9 anni di incarichi annuali su posti vacanti (cioè senza titolare) perché ho scelto l’anno scorso di non fare la famosa “domanda della fase B” preferendo la mia famiglia al posto fisso. Sono fiera della scelta che ho fatto ed ho accettato le conseguenze che ne sono derivate. Così oggi mi sottopongo all’ennesima prova di valutazione: non sono bastati 3 anni di corso e due abilitazioni. Non è sufficiente neanche l ‘ulteriore specializzazione per il sostegno.

 

Bisogna fare il concorso per “selezionare i docenti migliori”… Non fanno di me una buona docente le decine di studenti che ho visto crescere nelle mie classi e che con piacere mi cercano ancora per raccontarmi le loro storie.. No. E neanche gli alunni che, innamorati delle scienze, si sono iscritti all’università ed hanno ottimi risultati affrontando lo studio con passione. No. Ancor di meno hanno un peso i progetti di volontariato che porto avanti nella mia amata città, Napoli, con alcuni miei ex alunni, che continuano a seguire la loro prof. No, non basta: dimostrerò di meritare il posto di ruolo partecipando ad un concorso, rispondendo in 150 min a 6 domande ognuna delle quali meriterebbe un pomeriggio di studio, di approfondimento, di organizzazione. In più 2 in lingua inglese livello B2…NESSUN docente di ruolo ha mai dovuto dimostrare tale preparazione, neanche gli assunti l’anno scorso o quelli che nell’anno 2016/2017 saranno assunti da GAE: chissà loro sanno già di essere i migliori, non devono dimostrarlo. Ci chiedono di insegnare in una classe 2.0, ma per il concorso non abbiamo avuto a disposizione neanche un foglio ed una penna per appuntare un’idea… Ci chiedono di produrre delle accurate griglie di valutazione per le verifiche dei nostri alunni, ma per il nostro concorso non meritiamo di conoscere i criteri che saranno utilizzati. A chi pensa che questa modalità risolleverà la scuola italiana, proporrei di entrare almeno una volta in classe e, davanti ai nostri giovani, gli chiederei di sostenere le loro tesi guardandoli negli occhi. Così potrebbero dimostrare loro, se ci riescono, di essere i migliori

Distinti saluti
Professoressa Marialuisa Mazzone

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