Parole d’autore – Se i Briganti di Bennato e D’Angiò parlassero nel 2016

Era il 1983 quando i cantautori davano i natali ad uno dei più famosi canti popolari “Brigante se more”. È una canzone che odora: un’epoca lontana di cui ancor’oggi, sotto diversi aspetti e senza essere troppo anacronistici, portiamo il macigno

“Nun ce ne fotte d’u rre bburbonə ma ‘a terrə è ‘a noštrə e nun s’à dda ttuccà”. Era il 1983 quando Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò davano i natali ad uno dei più famosi canti popolari “Brigante se more”, tratto dall’omonimo album per lo sceneggiato televisivo “L’eredità della priora”( da un romanzo di Carlo Alianello). È un canto che odora: un’epoca lontana di cui ancor’oggi, sotto diversi aspetti e senza essere troppo anacronistici, portiamo il macigno. Sì, perché il Meridione è essenzialmente terra dimenticata, martoriata, abusata, avviluppata in un Paese essenzialmente, in seno al medioevalismo, arretrato e disgregato. Il verso di cui sopra è molto chiarificatore al riguardo: il Meridione odia il padrone di turno, che possa essere quello afferente alla casata dei borboni di Francia, o allo stato Piemontese. È un presupposto semplice: ‘a terra è ‘a noštrə e nun s’à dda ttuccà”. Punto. Senza dilungarsi dunque sulla storia, o meglio l’anti-storia meridionale e sul processo di unificazione (mal eintrapreso), cerchiamo una sorta di riflessione. Il Meridione perché è possibile parlarne come terra dimenticata? Per poche semplici ragioni: in primis, l’emergenza rifiuti che attanaglia la provincia napoletana, e dunque non meno l’emergenza sanitaria che ne sta derivando, e per questo basti controllare l’ultimo studio dell’ISS (Istituto Superiore della Sanità), in cui ad es. l’incidenza tumorale, per gli uomini, è superiore dell’11% a quella della popolazione di riferimento con una mortalità superiore anch’essa dell’11%, per le donne i dati relativi sono pari rispettivamente al 9% e al 7%.

 

Nella provincia di Caserta si parla di un eccesso pari al 9% per gli uomini e del 4% per le donne. Come si legge dal rapporto”Tutte queste patologie ammettono diversi fattori causali certi o sospetti, fra questi ultimi anche emissioni o rilasci di siti di smaltimento di rifiuti pericolosi e di combustioni incontrollate di rifiuti pericolosi e solidi urbani”. Per non parlare dei dati relativi alla mortalità infantile, sebbene “non è nel complesso in eccesso a quella della popolazione di riferimento”: il ricovero resta pari al 51%, per tutti i tumori, e del 45% per la leucemia. Dando un’occhiata ai dati Istat: per la disoccupazione dal ’92 ad oggi si è passati per un totale, quindi per maschi e femmine, del 13,82% al 19,94%; l’assistenza sanitaria residenziale ha un valore del 2,22%, pari a 145. Da un rapporto dei Legambiente, del 2014, sulle ecomafie:”Un mostro, non più invisibile, di rifiuti e cemento morde la Campania: 4.703 reati ambientali, 4123 tra persone denunciate e arrestate , 1339 sequestri, per un giro di affari di 4,5 miliardi di euro gestito da 86 clan […] Ed il primato vale sia per il ciclo illegale del cemento che quello dei rifiuti. Un dizionario dell’ecocidio che si ripete da 20 anni. Un elenco di abusi, di cemento, di veleni, di territorio martoriato, di clan che fanno affari”. Un giro di affari di durata trentennale, risalenti ai gloriosi anni ottanta. Resta comunque il fatto che la Campania, come il Sud, resta terra invidiabile per cultura e senso d’appartenenza, resta “terra mia”. Ma un appunto è doveroso: per appartenenza non s’intende, o per lo meno non dovrebbe, un revanscimo di ordine borbonico: del re nun ce ne fotte. Quindi di ‘ste bandiere del Regno duo siciliane si dovrebbe fare a meno: essere meridionali è altra cosa. Durante il loro regno di fatti anche se Napoli era bla bla bla, i lazzari restavano lazzari, ‘o Chiavucone restava tale (si pensi ad es. che la peste di fine seicento poco dopo la morte di Masaniello, e poco prima dell’arrivo di don Carlo, vide la propria fine con un’alluvione che pulì Via Toledo, appunto Chiavucone:prima di allora i morti appestati se ne vedevano in giro per la città abbandonati a loro stessi, dove magari quella bella borghesia borbonica vi ci passava sopra con le carrozze). E ad oggi, la situazione qual è?

Vincenzo Perfetti

(Foto Eugenio Bennatobis/Fb)

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