Grande successo per il celebre musical, in programma anche questa sera: ovazione per il 71enne cantante e attore texano

NAPOLI – Standing ovation all’Augusteo per Ted Neeley, il “Gesù” del celebre film del 1973 di Norman Jewison. Il 71enne attore texano è in scena fino a domani, al teatro del patron Francesco Caccavale, in “Jesus Christ Superstar”, il musical rock di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber più  famoso e amato di tutti i tempi, nella messinscena firmata da Massimo Romeo Piparo, che quest’anno vesteggia il ventennale. “Jesus Christ Superstar” fu scritto, in un piccolo teatro inglese, alla fine degli anni ’60, da un gruppo di studenti che s’ispirarono  ad alcuni episodi del Vangelo che parlavano degli ultimi sette giorni di vita di Gesù. Debuttò a  Broadway nel 1971 e per otto anni, a partire dal 1972, fu rappresentato a Londra. Rifacendosi ad esso, Tim Rice, per i testi, e Andrew Lloyd Webber, per la musica, costruirono il capolavoro che vive, a oggi, intatto in tutta la sua grandiosità e che ha fatto nascere un’immagine di Gesù così come la vedevano i ragazzi degli inizi degli anni ’70, pulsanti di un nuovo fervore spirituale.
Gèsù veste e si muove da hippy, capelli e barba lunghi, vestiti trasandati, atteggiamento da pensatore, vessato dai potenti. Il film fu cosiderato dai più blasfemo e scandaloso perchè attraverso le parole di Giuda Iscariota la divinità di Gesù viene posta in dubbio. Nel brano Heaven On Their Minds (Il Paradiso nelle loro menti) canta: «You really do believe this talk of God is true?» («Credi veramente che queste voci su Dio siano vere?»). Anche la figura di Maria Maddalena è rappresentata in maniera non “ortodossa”. E’ chiaramente innamorata di Gesù quando canta I don’t know how to love him (Non so come amarlo). Carismatico, ascetico nonostante siani trascorsi tanti anni, Ted Neeley ha mandato in delirio il pubblico dell’Augusteo.
I capelli lunghi li porta da sempre, niente trucchi di scena né parrucche. E’ il classico interprete che si lega tanto al suo personaggio al punto che sicuramente si fa fatica a distinguerne i confini.  Sul palco con lui Feysal Bonciani (Giuda), Simona Di Stefano (Maria Maddalena), Emiliano Geppetti (Pilato), Francesco Mastroianni (Caifa), Paride Acacia (Hanna, ma che in altri allestimenti era Gesù) e un vivace ensemble di 20 performer e ballerini “hippy”. Una prolungata ovazione ha sottolineato il momento in cui l’artista americano ha cantato “I only want to say” (Gethsemane): si è librato nei suoi ormai storici acuti mostrando una voce in splendida forma. Quella del giardino di Getzemani è sicuramente una delle scene più emozionanti dello spettacolo. Rimasto solo con se stesso, un Gesù, scandalosamente umano e terrorizzato per il destino che sta per compiersi, canta i suoi dubbi al pubblico con una voce roca e pacata che in un crescendo tocca le note alte del dolore.
Una vera rivelazione Feysal Bonciani nel ruolo di Giuda che, nel 1994, era interpretato da Carl Anderson, grande amico di  Neeley, morto dieci anni fa.  Bravi gli altri attori e i cantanti ballerini. Le altre canzoni, accompagnate dall’orchestra di 12 elementi diretta da Emanuele Friello, sono “What’s the buzz”, “Strange Thing”, “Everything’s alright”, “This Jesus Must Die”, “Hosanna”, “Simon Zealotes”, “Poor Jerusalem”, “Pilate’s Dream”, “The Temple”, ” Damned for all time”, “Blood Money”, “The last supper”, “The arrest”, “Pewter’s denial”, “Pilate and Christ”, “King Herod’s song”, “Could we start adain please?”, “Judas’ death”, “Trial before Pilate”, “Superstar”, “The crucifixion”, “John nineteen forty one”. Le coreografie sono di Roberto Croce.
Una nota di cronaca. Tra il pubblico c’erano Sal Da Vinci e Maurizio De Giovanni. L’artista, impegnato ancora domani nelle repliche al Politeama dello straordinario musical “Stelle a metà”,  ha commentato lo spettacolo con un esaustivo: «è assolutamente grandioso». Per lo scrittore «il musical è stato spettacolare sia per la scenografia che per la coreografia. Il momento più suggestivo è stato quello della flagellazione con la sovrapposizione sullo schermo di scene di violenza compiute in ogni luogo e fino ai tempi nostri a testimonianza dell’attualità dell’opera rappresentata».
Mimmo Sica
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