Napoli, quattro consiglieri di Partenope Ribelle: “La Città non si farà ricattare da debiti, vincoli e austerità”

 

Quattro consiglieri comunali e di municipalità di ‘Partenope Ribelle’, Rosario Andreozzi, Eleonora De Majo, Pietro Rinaldi e Ivo Poggiani intervengono con una nota sul debito, l’austerità, l’indagine della Corte dei Conti. Il Desk pubblica integralmente la nota dei quattro consiglieri comunali e di municipalità del gruppo DemA

Qualche considerazione politica sulla deliberazione della corte dei conti e sul destino della città

La Corte dei Conti ha trasmesso due giorni fa al Comune di Napoli la deliberazione contenente i risultati dell’analsi effettuata durante gli ultimi mesi sullo stato economico-finanziario dell’ente, in relazione al rispetto del piano di rientro varato dal governo ormai quattro anni fa.

I risultati contenuti nel documento della magistratura contabile sono pesanti e aprono scenari che non ci rassicurano affatto sul futuro della città.

La sezione regionale della Corte sottolinea una serie di incongruenze ed errori contabili accumulatisi negli ultimi anni, il mancato rispetto del Patto di Stabilità per l’annualità 2014 e chiede al Comune di Napoli di rivedere entro 60 giorni il riaccertamento dei residui attivi che avrebbero determinato una fittizia riduzione del disavanzo.

Richieste perentorie pena il dissesto dell’ente.

Una situazione che descritta in questo modo lascia davvero poco spazio al dibattito e rischia di infilarci in una asfittica diatriba tecnica che offusca alcune verità politiche dietro cui si cela un destino di povertà che sembra ineluttabilmente scritto sulla pelle della nostra città.

E’ vero, i conti non tornano, ma noi non possiamo farci costringere in questa morsa pericolosossima il cui unico tema sembra essere fare bene i “compiti”, vale a dire far quadrare i conti secondo regole contabili sempre più opprimenti per gli enti locali.

Il ricatto tra debito, aumento del disavanzo e austerità è una trappola nella quale non dobbiamo e non possiamo cadere perchè a pagare rischiano di essere sempre i cittadini di una città oramai sempre più in affanno per assenza di servizi e di risorse.

Checcè ne dica il Partito Democratico cittadino (alla cui passata amministrazione va attribuita una quantità enorme di debiti fuori bilancio che ancora stiamo pagando) , dietro questo pessimo stato finanziario dell’ente non ci sono solo le responsabilità della nostra giunta, che pure sono innegabili, ma c’è un accanimento nei confronti delle autonomie locali, portato ideologicamente avanti negli anni anche soprattutto dai governi a trazione Pd, esecutori servili delle decisioni delle governance europee.

424 milioni di tagli ai trasferimenti in soli quattro anni sono una cifra da capogiro soprattutto se associata alla svalutazione del fondo crediti di dubbia esigibilità passato dal 35% del 2015 al 70% nel 2017. Ma più di ogni altra modifica normativa e taglio alla spesa pubblica che mette in sempre maggiore difficoltà i comuni, c’è la maledetta costituzionalizzazione del pareggio di bilancio che, fuor di retorica, è la vera mannaia che ha strozzato definitivamente i territori e che costringe gli enti locali a fare ormai un lavoro di mera ragioneria.

Il fatto che le forze politiche che hanno convintamente votato e sostenuto nel 2012 quella modifica alla nostra carta costituzionale oggi facciano finta che sia una cosa irrilevante, rende spesso il dibattito sul rapporto tra enti locali e governo assolutamente surreale soprattutto se si pensa che è proprio il fiscal compact ad imporre allo stato una contrazione della spesa pubblica di 50 milioardi l’anno per vent’anni e che rispetto agli enti locali si traduce in 17 miliardi di tagli complessivi ai trasferimenti negli solo ultimi 10 anni.

Tutto questo mentre il governo non ha remore ne’ attenzione al rigore quando si tratta di finanziare spese militari oppure investire ben 5 miliardi di euro ( che pressappoco una cifra pari a quattro volte quella del bilancio del comune) per salvare le banche dal nord-est. Tanto per fare due esempi concreti.

Queste cose però le abbiamo dette e scritte decine di volte. Stavolta, alla luce della pesante situazione in cui ci troviamo e alla luce soprattutto dell’ultimatum impostoci dalla Corte dei Conti, ci interessa porci e porre alla città alcune domande più precise.

La sopravvivenza del comune di Napoli, così come di tantissimi comuni in pre-dissesto soprattutto meridionali, è legata all’approvazione di una norma, cosidetta salva-comuni, che dovrebbe essere contenuta nella nuova legge di stabilità.

Questa norma altro non è che la sacrosanta concessione agli enti locali di adeguare i propri piani di riequilibrio alle modifiche delle regole contabili degli utimi anni e ai tagli ai trasferminti verificatisi successivamente alla sigla dello stesso piano. Non cambia però la natura del rapporto tra governo e città. Non cambia il destino che si vuole imporre agli enti locali.

Ciò che si configura nella più rosea delle ipotesi, sono decenni in cui tutto lo sforzo per reperire risorse attraverso la riscossione e la vendita (spesso odiosa) del nostro patrmonio, sarà necessario a ripianare il debito con il governo non a dare servizi alla città. In questo senso anche operazioni virtuose, come l’operazione Robin, che va a stanare i grandi evasori della città e pretende innanzitutto da loro che sanino la propria situaizone debitoria, rischiano di servire solo a rincorrere il raggiungimento della cifra annua che la città deve accumulare per pagare al governo la propria tassa di sopravvivenza.

Non siamo affatto tifosi degli scenari apocalittici, non ci ha mai convinto la retorica del tanto peggio tanto meglio, ma conosciamo Napoli, la viviamo tutti i giorni a partire dai territori dove lavorano le nostre comunità resistenti e sappiamo che una città destinata a non avere mai più poltiche espansive per ripagare un debito illegittimo, è una città destinata all’implosione.

Allora forse sarebbe giusto chiedersi: è possibile in questo contesto restituire un nuovo ruolo all’Europa, cominciare da lì una sacrosanta battaglia non solo di rifiuto delle porzioni di debito illegittimo (pensiamo ad esempio a quelli legati ai commissariati straoridinari) ma anche di ri-finianziamento degli enti locali, soprattutto sui comparti che riguardano il welfare, le poltiche attive e occupazonali, il contrasto alla marginalità sociale? E’ possibile che quei palazzi remoti del nord, da dove è partita la macelleria sociale che oggi si è normalizzata in tutto il continente, nel distrasto sociale dell’Europa di oggi, diventino invece il luogo in cui andare a rivendicare insieme a tante città sorelle del resto del continente un futuro dignitoso e non la lenta agonia del ripianamento di un debito inesauribile?

E’ possibile oggi ripensare da Napoli a una vertanza nei confronti del governo, legata alla risollevazione delle autonomie locali, soprattutto meridonali, falcidiate dai tagli dell’ultimo decennio e desertificate dall’emigrazione delle giovani generazioni, oggi costrette a cercare futuro soltanto altrove?

Secondo noi questo è il piano della sfida.

Non abbiamo intenzione di trasformare noi stessi in ragionieri.

Non ci interessa impugnare la penna rossa per correggere gli errori dei tecnici.

Non ci piace applaudire a chi rispetta le regole se dietro questo rispetto meticoloso c’è il definianziamento di servizi essenziali per la città.

Ci piacerebbe però che la disobbedienza fosse politica, decisa e rivendicata, non l’accumulo di errori contabili di cui fino ad ora, salvo in alcuni casi, non ha giovato di certo la città.

Ci piacerebbe essere chiamati ad un senso di responsabilità che si traduce immediatamente nel coraggio di rigettare il ricatto tra debito e austerità.

Tutto il resto non è il nostro campo da gioco e sicuramente non è ciò che merita Napoli.

Chiediamo infine quindi a tutte e tutti di partecipare ad un momento pubblico di discussione su queste questioni, il sette novembre alle h 18 a mezzocannone occupato, alla presenza dell’Assessore al Bilancio Enrico Panini e di altri relatori che proveranno a dare un contributo costruttivo al dibattito.

Rosario Andreozzi ( consigliere comunale demA)

Eleonora de Majo ( consigliera comunale demA)

Pietro Rinaldi ( consigliere comunale Napoli in comune a sinistra)

Ivo Poggiani ( presidente III municipalità

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