Morti bianche, necessaria la Procura nazionale distrettuale del lavoro

Per fare delle indagini tecniche, mirate ed efficienti il pubblico ministero deve essere specializzato. Solo così possiamo produrre processi celeri.

Le denunce di infortunio presentate all’Inail nei primi nove mesi del 2024 sono state 433.002 (+0,5% rispetto allo stesso periodo del 2023 e -19,2% rispetto allo stesso periodo del 2022), con un aumento dei soli incidenti avvenuti in itinere. I casi mortali sono stati 776 (+2,0% rispetto ai nove mesi del 2023). Lo indicano gli open data dell’Istituto, segnalando che l’incidenza sul totale degli occupati Istat (dati provvisori) è in calo rispetto al 2019 sia per gli infortuni (-11,1%) sia per i decessi (-4,1%), mentre rispetto al 2023 è -0,8% per i primi e +0,9% per i secondi. In aumento del 22% le patologie di origine professionale denunciate, pari a 65.333

E di infortuni, malattie professionali, prevenzione e sicurezza sul lavoro si è discusso durante la tre giorni degli Stati generale della Salute e Sicurezza del lavoro organizzati dalla Commissione d’inchiesta sulle condizioni di lavoro e dalla Camera dei Deputati. Significativo l’intervento di Bruno Giordano, magistrato in Corte di Cassazione, ex direttore dell’ispettorato nazionale del lavoro e tra i massimi esperti di sicurezza sul lavoro in Italia.

Per fare delle indagini tecniche, mirate ed efficienti il pubblico ministero deve essere specializzato. Solo così possiamo produrre processi celeri. È necessaria una procura nazionale e distrettuale del lavoro che chiediamo da oltre vent’anni. Ciò consentirebbe di specializzare le indagini, renderle qualitativamente mirate e veloci” – ha sottolineato Giordano. Non solo: “Consentirebbe inoltre di affrontare la discrasia gravissima che c’è tra la geografia giudiziaria e quella amministrativa: ci sono Asl che rispondono a più procure o viceversa più Asl che rispondono a una sola procura, senza che ciò corrisponda alla geografia amministrativa dell’Inps e dell’Inail. Una distonia organizzativa sul piano territoriale che crea indubbiamente disorientamenti e difficoltà organizzativa, oltre a varietà interpretativa da organo a organo e da territorio a territorio”.

Il magistrato si è soffermato sui recenti dati contenuti nel rapporto Istat sull’economia non osservata, dal quale è emersa la presenza di 3 milioni di lavoratori in nero: “Mi chiedo: chi li sta cercando? E chi sta cercando i datori di lavoro? Si tratta di un anello di una catena che comincia dall’evasione fiscale: per pagare a nero bisogna avere fondi neri, per avere fondi neri bisogna vendere senza fattura. E quindi il circuito dell’evasione fiscale, del lavoro nero che porta all’evasione previdenziale e assicurativa e all’evasione delle regole sulla sicurezza è un tutt’uno che va interrotto. Ciò non si fa facilmente se si introduce una norma che obbliga gli organi ispettivi ad avvisare con 10 giorni di anticipo il soggetto da ispezionare”, è stato il suo monito.

“Il lavoro in Italia è malato, un malato senza una terapia unica e coerente perché dovrebbe essere curato da troppi organi di vigilanza, caratterizzati non solo dalla pluralità ma anche da interessi corporativi. Una vera e propria anarchia ispettiva che serve anche a nascondere delle inerzie e incompetenze”, ha spiegato il magistrato. Organi di vigilanza e istituzioni “devono riflettere sulla più grande tragedia civile che esiste nel nostro Paese”, ha aggiunto sottolineando che “uccidiamo un operaio ogni 8 ore, ne feriamo uno ogni minuto”. Statistiche che se paragonate con altre emergenze restituiscono la gravità del caso: “I numeri sono 24 volte superiore ai casi di femminicidio, 5 ai casi di omicidi legati alla criminalità organizzata”, ha rimarcato. “Il lavoro – ha continuato – è affetto anche da ingiustizia, caratterizzata dalla possibilità di non applicare veramente tutte le norme a disposizione

CiCre

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