Il Ministro Di Maio: “Basta con le aziende che incassano dallo Stato e poi scappano all’estero”

Con le trasformazioni dello scenario economico internazionale e la precarizzazione del mercato del lavoro, sono cresciuti i fenomeni di delocalizzazione

Le delocalizzazioni vanno fermate. E’ quanto afferma il ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio in un video in diretta facebook nel quale mostra una pila di carte che rappresentano situazioni di crisi che “i cittadini mi hanno presentato solo nell’ultimo giorno”. “Ci sono tante crisi aziendali in tutta Italia – ha detto Di Maio – e c’è tanta sofferenza di tante persone che rischiano di perdere il posto di lavoro e hanno paura”. “Non sempre queste crisi sono responsabilità delle aziende. Ci sono aziende che stanno delocalizzando e queste vanno fermate. Specialmente se hanno preso fondi dallo Stato. E ci sono anche aziende che sono in crisi perché vantano crediti nei confronti della Pubblica amministrazione che non paga”. “Ci sono tanti problemi per il paese, li affronteremo uno ad uno e senza risparmiarci perché prima di tutto dobbiamo mettere più umanità nell’affrontare questi problemi dietro ai quali ci sono persone e non numeri”.

Con le trasformazioni dello scenario economico internazionale e la precarizzazione del mercato del lavoro, sono cresciuti i fenomeni di delocalizzazione. Le grandi imprese, soprattutto multinazionali, godono spesso di agevolazioni, contributi e finanziamenti pubblici diretti e indiretti  regionali, statali, europei e poi delocalizzano non appena si presenta l’occasione di maggiori profitti, spostando le produzioni là dove il lavoro costa meno: un atteggiamento predatorio del tipo “prendi i soldi e scappa”.

L’attuale legge italiana (un articolo della Legge Finanziaria 2014) prevede che se un’azienda beneficia di un contributo pubblico ed entro 3 anni delocalizza la produzione fuori dall’Europa con riduzione di almeno il 50% del personale, il beneficio decade. La norma sembra scarsamente incisiva in quanto a) tende a colpire soltanto le imprese destinatarie di contributi pubblici; b) è sufficiente per l’impresa che delocalizza attendere 3 anni e un giorno (un periodo di tempo molto breve) per non incorrere in alcuna sanzione; c) si parla solo di delocalizzazioni fuori della UE, mentre abbiamo visto che queste hanno luogo soprattutto verso l’Europa dell’Est; d) si introduce una soglia occupazionale del 50%. Anche la legge francese, nota come Legge Florange, è scarsamente utilizzabile: le aziende con oltre 1000 dipendenti che delocalizzano hanno l’obbligo di ricercare un acquirente che garantisca la produzione, altrimenti sono soggette ad una multa del 2% del fatturato e alla restituzione degli aiuti statali percepiti nei due anni precedenti. La critica principale mossa a questa legge verte sul fatto – denunciato dal sindacato francese CGT – che oltre l’85% dei casi di delocalizzazione sono stati realizzati da imprese con meno di 1.000 dipendenti (oggettivamente una soglia molto alta). Inoltre la sanzione del 2% del fatturato è molto leggera, soprattutto per le multinazionali.

Necessario un sistema di regole per imporre  alle imprese la restituzione di quanto ricevuto dallo Stato, qualora decidano di delocalizzare la produzione. Per accedere ai fondi e ai finanziamenti erogati dalle regioni, dal governo e dall’Unione Europea, dovrebbero essere  vincolate  al mantenimento delle unità produttive e dei livelli occupazionali in Italia, pena la restituzione in caso di spostamento all’estero delle produzioni.

                                                                                                                Ciro Crescentini

 

 

 

 

 

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