Il governo Meloni affossa il Decreto Dignità: liberalizzati i contratti a termine e precari

Le organizzazioni sindacali e le associazioni imprenditoriali avrebbero garantito il loro sostegno

Il governo di Giorgia Meloni intende smantellare il Decreto Dignità approvato dal primo esecutivo guidato da Giuseppe Conte per ripristinare l’utilizzo indiscriminato dei  contratti a tempo determinato cancellando le causali sui contratti a 24 mesi che potrebbero essere estesi di un altro anno.

Il ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone intende attuare una liberalizzazione dei contratti a termine fino a due anni che potrebbero essere sottoscritti tra impresa e lavoratore senza bisogno di alcuna causale. L’altra novità potrebbe essere l’introduzione di una proroga di 12 mesi in base a quanto verrà discusso e approvato sui contratti nazionali, territoriali e con le aziende.

Il decreto Dignità è stato osteggiato fin dalla sua approvazione dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni degli imprenditori.

 Il Decreto Dignità introduce un serio sistema di regole per i contratti a tempo determinato. Il decreto ne diminuisce la durata massima da 36 a 24 mesi e rimette l’obbligo di fornire la causale se il contratto a tempo supera i 12 mesi. Significa che per i contratti più lunghi il datore di lavoro dovrà giustificare l’assunzione di un lavoratore a tempo determinato, specificando per esempio se c’è stato un aumento imprevisto e temporaneo della produzione oppure se ha la necessità di sostituire altri dipendenti assenti.

Il decreto alza anche il costo del licenziamento, aumentando del 50 per cento l’indennizzo minimo e quello massimo per chi viene licenziato senza giusta causa (visto che l’indennizzo è proporzionale al tempo trascorso al lavoro, questa disposizione favorisce in particolare i più anziani).

Il decreto aumenta i vincoli che devono essere rispettati dalle agenzie interinali, quelle che offrono il cosiddetto “lavoro a somministrazione” (in cui un’impresa si rivolge all’agenzia affinché le venga fornito un lavoratore in genere per periodi di tempo molto brevi che però resta formalmente dipendente dell’agenzia).

Un’altra disposizione che non piace molto alle imprese è una norma che dovrebbe servire a scoraggiare le delocalizzazioni all’estero. La norma prevede che se un’impresa si trasferisce fuori dall’Italia entro cinque anni dal momento in cui ha ricevuto un qualunque tipo sostegno pubblico dovrà restituire l’importo ricevuto maggiorato dagli interessi.

Ciro Crescentini

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