Processo Bros, il teste Caldoro torchiato: “Incontrai i corsisti, ma lo chiedevano questore e politici”

L’ex governatore bersaglio delle proteste perché favorevole a interrompere il sostegno economico: “In campagna elettorale blitz continui, una volta fui costretto ad andare via in motorino perché bloccavano le auto”

Processo Bros, sotto torchio il testimone Stefano Caldoro. Un tiro incrociato sull’ex governatore dal pm Raffaele Tufano e dai difensori degli imputati. Non perde il proverbiale aplomb, ma viene incalzato Caldoro, davanti ai giudici della quarta sezione penale del tribunale di Napoli, presieduta da Antonia Napolitano Tafuri. Il processo è quello per le presunte violenze dei disoccupati napoletani, di quasi 10 anni fa. Ma ad un certo punto si dichiara “in difficoltà” l’ex presidente della Regione, bersaglio di quelle proteste. “C’era una grandissima pressione sulla Regione – racconta – Era frequente che io andassi a convegni e si presentavano 30-40 persone. Abbiamo avuto problemi di accesso, perché c’erano assembramenti. Posso parlare di un disagio notevole nell’esercizio dell’azione politica, ma chi fa politica lo mette in conto”. Caldoro precisa: “Non ci sono mai stati atti di violenza fisica, non si è andati oltre il diverbio”. Gli attacchi risalgono già alla campagna elettorale del 2010. “Appena insediato – ricorda – proclamai l’interruzione di una politica del sostegno economico. Prevalentemente per la scelta governativa di interrompere una situazione assistenziale, che si protraeva da troppi anni senza sbocchi lavorativi”. La nuova giunta di centrodestra puntava a chiudere col passato, e avviare politiche attive del lavoro, sfociate in incentivi alle imprese per assumere. Un piano contrastato dai Bros, con veemenza. Al punto che, da candidato, Caldoro chiedeva tutela al questore per “poter parlare ai convegni” senza boicottaggi. Due le preoccupazioni. “Come irrompevano i disoccupati la gente se ne andava, la manifestazione rischiava di fallire – spiega l’ex governatore-. Una volta dovetti andar via sul motorino con la scorta, perché bloccavano le macchine”. Ma Caldoro temeva anche il risvolto mediatico: “Sui giornali l’indomani si rischiava di leggere che io avevo preso i fischi”. L’ex presidente della Regione non ha dubbi: “Chi fa queste azioni le fa con un disegno politico”. Sul testimone, però, piove una contestazione del pm, poi ritirata. Per Tufano la deposizione diverge dalle dichiarazioni rese in istruttoria, diversi anni fa, su un punto delicato: gli incontri tra il candidato e i disoccupati. Alcuni faccia a faccia erano sollecitati da politici del centrodestra, uno dall’allora questore di Napoli, Santi Giuffrè. “In un verbale – dice il pubblico ministero – affermò che fu indotto da Giuffrè a vedere i disoccupati, perché il questore espresse preoccupazione sulla capacità delle forze dell’ordine di gestire l’escalation dei Bros”. Caldoro replica: “Non posso che confermare. Una parte delle forze dell’ordine riteneva più utile, per motivi di ordine pubblico, di incontrarli. Io chiesi di riceverli insieme, in questura”. Tra i mediatori politici, anche l’ex consigliere regionale Salvatore Ronghi, in origine sindacalista Ugl. L’ex governatore nega vi fossero ragioni di consenso, nei vari colloqui coi Bros. “Io non avevo questo bacino a favore – afferma-, non vedevano in me uno che dava risposte positive alle loro richieste. All’interno della mia coalizione non tutti la pensavano come me, ce ne erano di più vicini alla linea del passato”. La linea del dialogo coi Bros spaccava non solo il centrodestra. Tra i favorevoli all’idea “di tenere sempre un tavolo aperto” c’era “il vicesindaco di Napoli, Tommaso Sodano”. All’opposto il sindaco de Magistris, appena eletto. “Condividemmo – rievoca Caldoro – la linea più dura”. L’ex governatore, però, fatica a rammentare un altro capitolo rovente: la convenzione per i buoni pasto tra Regione, Bros e ministero del lavoro. Un’intesa stipulata per i lavoratori del progetto di orientamento, pur’essa interrotta. “Non ricordo – dichiara-, ma comunque non era un atto giuridicamente vincolante”. Al contrario sostiene l’avvocato Domenico Ciruzzi, legale di alcuni imputati: “Si è avuta conferma che ci furono promesse e convenzioni scritte poi completamente disattese. Sarà stato per una legittima scelta politica, ma furono stanziati dieci milioni, e le cose si fermarono dopo averne erogati due. Se qualcuno si sente preso in giro da una convenzione, magari può anche comprendersi”. E Ronghi aggiunge alla ricostruzione: “L’incontro con i Bros fu nel 2011 o 2012 a Roma, dove io ero direttore generale della Regione Lazio. Fu Caldoro a darci appuntamento, preferendo quella sede per parlare dei bandi cui erano interessati i senza lavoro”.

Gianmaria Roberti

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