Pd, accuse da brividi ad Alfieri: pure concussione e minacce con l’aggravante mafiosa

L’indagine sull’ex capo segreteria di De Luca, candidato sindaco di Capaccio: tra le ipotesi, violenza privata e voto di scambio con i Marotta, il presunto “clan degli zingari”. Cresce il pressing per il ritiro della candidatura, il M5S: “Perché il Partito Democratico tace sull’uomo delle fritture?”

Le accuse per Franco Alfieri sono pesanti: scambio elettorale politico-mafioso, concussione, violenza privata e minaccia, tutti aggravati dal metodo mafioso. E adesso aumenta il pressing per il ritiro della candidatura a sindaco del Pd a Capaccio Paestum. Le ipotesi di reato emergono dal decreto di perquisizione eseguito ieri dalla Dia di Salerno, diretta dal colonnello Giulio Pini, nei confronti dell’ex capo segreteria di De Luca. Un quadro investigativo scaturito dalle indagini sul presunto clan Marotta di Agropoli. La cosca degli zingari era stata travolta dall’inchiesta del Ros carabinieri di Salerno, sfociata in un blitz da 25 misure cautelari a novembre. Di quell’indagine, l’affaire Alfieri è un collegamento, sorto da un rimpallo tra le procure di Vallo della Lucania e Salerno. Nell’ambito dell’ultima vicenda, anche l’attuale sindaco di Agropoli, Adamo Coppola, risulta indagato per scambio elettorale politico-mafioso. E come il predecessore Alfieri, il primo cittadino è stato destinatario di perquisizioni in casa e negli uffici, concluse solo a tarda notte. Si tratta di un complesso intreccio di competenze e pronunce giurisdizionali, ancora senza sentenze definitive, sulla presunta mafiosità dei Marotta-Cesarulo. In origine, un carattere non riconosciuto a queste famiglie rom, dal gip di Salerno, che aveva trasmesso gli atti a Vallo della Lucania. La presenza di alcuni profili di interesse, tuttavia, aveva portato la procura cilentana a spedire alcune carte alla Dda di Salerno. La “navetta” tra uffici giudiziari, quindi, aveva prodotto l’apertura di un fascicolo dell’anticamorra, affidato al pm Vincenzo Montemurro. Peraltro, i nuovi spunti non provengono da dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Adesso gli inquirenti puntano al capitolo delle infiltrazioni nel comune di Agropoli, dove Alfieri è stato sindaco per dieci anni, fino al 2017. Accertamenti che, in caso di riscontri, potrebbero condurre all’invio di una commissione d’accesso prefettizia. Quattro amministratori di Agropoli – tra i quali Alfieri – due anni fa erano incappati in una condanna definitiva alla Corte dei conti, per danno erariale da complessivi 40mila euro. Un procedimento avviato per il mancato utilizzo di alcuni beni confiscati. Immobili sottratti dallo Stato proprio ai Marotta, e rioccupati abusivamente da alcuni suoi esponenti. Intanto, nel giorno in cui al Senato arriva la riforma del reato di scambio elettorale politico-mafioso, con pene più alte, il M5S torna a chiedere il ritiro della candidatura di Alfieri. “Di fronte a un’accusa di questo tenore – si legge sul Blog delle stelle – ci chiediamo perché il Partito Democratico rimanga in silenzio. Vi ricordate chi era Franco Alfieri? Il fedelissimo del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che balzò agli onori delle cronache nazionali per quello che è stato definito il ‘patto della frittura di pesce?”.

Gianmaria Roberti

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