Oggi in Comune cerimonia commemorativa del grande regista scomparso a gennaio

NAPOLI – «Oggi non siamo qui per il ricordo, ma per la memoria di Francesco Rosi. I ricordi svaniscono, mentre la memoria è un progetto. Rosi, il suo patrimonio artistico, il suo lascito intellettuale sono le linee guida per costruire il futuro della nostra città». E’ l’incipit dell’intervento dell’assessore comunale alla cultura e al turismo, Nino Daniele, che ha dato inizio alla cerimonia commemorativa del regista scomparso lo scorso 10 gennaio. L’evento si è tenuto al Maschio Angioino, in una affollatissima Sala dei Baroni. Sono intervenuti il sindaco Luigi de Magistris, Roberto Andò, Raffaele La Capria, Mario Martone e Giuseppe Tornatore. Erano presenti Carolina Rosi con Luca De Filippo e Massimo Rosi con la moglie e i due figli.

«La forza della sua denuncia e la speranza nel cambiamento- ha continuato Daniele- sono tipici dei conflitti di questa città. Ha denunciato le speculazioni, ma anche le complicità della borghesia e dei ceti intellettuali che hanno reso possibili quelle speculazioni. Nella sua denuncia c’è una straordinaria attualità». Daniele ha, quindi, letto un toccante messaggio inviato dal Presidente Emerito Giorgio Napolitano e ha concluso ricordando la bella espressione che Carolina usò nel giorno del funerale del padre: «io ti ho chiamato per tutta la vita Franco, oggi ti chiamo papà».

Andò ha sottolineato che Rosi aveva il potere stregante del cinema di fissare gli uomini nel tempo. «Lo amava- ha aggiunto- nei fatti reali, ma non era per questo meno creativo. Venne in quest’aula per ritrovare il disegno sfigurato della storia civile della città di Napoli».

Raffaele La Capria ha voluto ricordare l’amico che conobbe ottant’anni fa. «Avevamo dieci anni. Andavamo a Posillipo a fare i bagni, lo stesso mare, la stessa scuola, il liceo Umberto con Giuseppe Patroni Griffi, Antonio Ghirelli, Francesco Compagna. Solo la sua morte- ha continuato- mi ha fatto capire la sua grandezza che mi era sfuggita in tutti questi anni. Amava parlare di due cose solamente, della sua Carolina e dei suoi film. Ricordo come nacque l’idea del film “Mani sulla citta”. A Roma ci arrivavano voci su quello che accadeva a Napoli e quando, in particolare, sentimmo di quel palazzo che crollò, venimmo qui e cominciammo a passeggiare per le strade, osservando, chiedendo. Lentamente ha concluso- si andò formando la sceneggiatura del film che non aveva niente di precostituito e che faceva emergere una realtà politica terribile napoletana e italiana».

Mario Martone quando è morto Rosi è rimasto colpito molto che il mondo del cinema si è stretto forte intorno a lui. «Era una persona estremamente concreta- ha detto- capace però di fare nascere da quella concretezza una trasfigurazione altisssima».

Per Giuseppe Tornatore Rosi era un uomo forte, critico, duro ed esigente anche con se stesso, ma era anche molto dolce. «E’ stato il primo uomo di  cinema che mi ha dato ascolto- ha ricordato La nostra amicizia è cresciuta e si è consolidata nel tempo . Quando facevo un film lo chiamavo per mostrargli la prima copia stampata perchè mi piaceva il suo metro rigoroso di giudizio. Quello che pensava lo diceva senza giri di parole e per un pò di tempo è stato il primo spettatore dei miei lavori.  Era anche la persona che dopo avere visto un film, anche straniero, telefonava sempre al regista. Aveva un grandissimo rispetto per la parola scritta, una sua filosofia che la riguardava, un atteggiamento religioso. Per lui una parola scritta da qualche parte rimaneva per il futuro e chi sa per quanto tempo. Questo l’ho imparato durante le 107 riunioni che ho avuto con lui per scrivere insieme il libro “Io lo chiamo cinematografo”». Il regista siciliano ha informato che per Rosi il film nasceva dall’osservazione del contesto in cui si muoveva. «Parlava spesso della differenza tra la realtà e la verità che era tutt’altra cosa- ha continuato. Pretendeva che il suo film fosse utile non solo per quel momento ma per sempre, a diffrenza di oggi che si brucia tutto subito. Era grande- ha concluso- anche perchè era in grado di non rispettare le regole del cinema. Basta pensare al film Salvatore Giuliano in cui il protagonista non si vede mai».
«Il ricordo di papà non c’è. C’è solo la sua presenza attorno a me – sono le parole di una commossa Carolina Rosi. Entrare in questa sala dove non ero mai venuta, è motivo di grande suggestione e di grande emozione  perchè ho davanti le immagini del suo film e sono circondata dall’affetto dei più che lo vogliono onorare.

Mi è sembrato giusto e doveroso che la sua città lo ricordasse e sono felice che il Comune, il Sindaco e l’Università lo abbiano fatto. Ho molti progetti- ha aggiunto. Vorrei aprire una piccola società di produzione e tentare di collaborare con i registi che sono stati i suoi pupilli e allievi per fare pubblicazioni e riacquistare dei diritti per restaurare i film  che altrimenti, ne  sono sicura, finiranno nel dimenticatoio»

De Magistris, che ha chiuso gli interventi, ha sottolineato che Rosi è stato un grande maestro e un precursone dell’impegno sociale del cinema. «Ricordo ancora come se fosse ieri la targa per i suoi novant’anni al teatro San Carlo. Sicuramente- ha concluso- la città lo ricorderà con un qualche cosa  che varrà anche per il futuro». La cerimonia è teminata con la consegna di una medaglia commemorativa da parte del Sindaco a Carolina Rosi. Nel corso della manifestazione è stato proiettato il corto “Citizen Rosi omaggio ad un grande maestro di cinema” a cura di Arci Movie- montaggio Giovanni Bellotti. L’introduzione al video è stata fatta da Roberto D’Avascio, Presidente di Arci.

(Foto Ufficio stampa Comune di Napoli)

Mimmo Sica

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