Al tribunale di Napoli il processo a Stephan Schmidheiny. La testimonianza del consulente Angelo Salerno: “Non tutti i dipendenti erano forniti di maschere anti polveri di amianto. Disastrosa la situazione degli armadietti, più testi del processo di Torino hanno detto che era improprio provvedere al lavaggio tute. In quegli anni erano portate a casa. Trovati ancora al lavoro operai affetti da asbestosi”
Processo Eternit Bagnoli, al tribunale di Napoli testimonia il consulente della procura Angelo Salerno, ed emergono i ripetuti allarmi degli ispettori del lavoro. Assente, come nelle altre udienze, Stephan Schmidheiny, il magnate svizzero accusato dell’omicidio volontario di otto persone. Davanti al collegio della seconda sezione Corte d’assise, presieduto da Alfonso Barbarano, risuonano i verbali dell’ispettorato del lavoro negli anni ’70. Sugli schermi allestiti in aula, scorrono le slide della perizia. Il perito riporta anche le dichiarazioni rilasciate da funzionari Eternit, contenuti in una sentenza della pretura di Napoli del 1983. “Tommaso Sorbi, direttore dello stabilimento dal ’78 all’83 – dice – ha dichiarato di aver trovato una situazione fatiscente al suo arrivo”. La prima ispezione è del 23 ottobre 1974. Nel verbale degli ispettori del lavoro “ci sono molte prescrizioni su anti infortunistica e aspetti igienico ambientali. L’entità delle prescrizioni fa pensare ad un generale stato di degrado”. La perizia segnala, tra le altre cose: “Rotte le manichette degli impianti di aspirazione; sacchi di amianto immessi nelle tramogge (contenitori per lo scarico dei materiali industriali, ndr) per essere disintegrati; nel reparto manufatti i luoghi di lavoro e passaggio sono ingombri di materiale di risulta”. Le condizioni della fabbrica non vanno molto meglio, all’esito dell’ispezione datata 22 aprile ’76. “Anche qua – sottolinea il consulente – appare un generale stato di degrado”. Ad esempio, per gli impianti di aspirazione “si richiede miglioramento e controllo”. Dagli ispettori, inoltre, si registra una richiesta di maschere anti polvere per i dipendenti dello stabilimento e delle ditte terze. Oltre a ciò, “che si provveda alla rimozione delle polveri di tornitura”. Allarmante un’altra prescrizione: “Allontanamento immediato dal posto di lavoro dei dipendenti affetti da asbestosi”. Il consulente chiosa: “Evidentemente la prassi non era in atto”.
E si resta molto perplessi, , quando i pm Giuliana Giuliano e Anna Fresca domandano l’assetto dell’ambiente di lavoro, e se vi fossero armadietti. “Lo stabilimento – spiega Angelo Salerno – era disposto su 12 campate, in cui erano realizzate tutte le materie produttive, ad eccezione di quello delle materie prime, in zona separata. E per gli ispettori era disastrosa la situazione degli armadietti, non ne risultavano a doppio scomparto e più testi hanno detto che era improprio provvedere al lavaggio tute. In quegli anni le tute erano portate a casa”. Con tutto quanto ne consegue. I pubblici ministeri, poi, interrogano il teste sulla tipologia delle mascherine. “Ogni maschera è un filtro, ma è un presidio secondario. – premette Salerno – Le mascherine non erano fornite a tutti, è evidente dal contenuto dei verbali di ispezione e dalle dichiarazioni dei lavoratori in dibattimento: venivano fornite in numero limitato”. Il processo a cui si richiama il consulente è quello di Torino, iniziato nel 2009 per l’inchiesta del pm Raffaele Guariniello. Il perito però riferisce anche informazioni acquisite durante le indagini. La difesa di Schmidheiny eccepisce che non sono agli atti del processo napoletano. Il consulente, comunque, considera “molto importante il verbale del ’78, successivo alla ristrutturazione dello stabilimento, in gran parte completata l’anno precedente”. Ebbene “dalla lettura si denota una condizione ambientale non ottimale”. Tra i rilievi: la “concentrazione di amianto blu non risulta conforme del tutto alle indicazioni, l’amianto blu non è non realizzato a circuito sigillato”. In più “gli scarichi dei filtri dell’amianto blu sono collocati nel reparto produttivo: inaccettabile”. Il verbale ispettivo annota anche il “non rispetto della periodicità annuale” per le visite mediche ai lavoratori. Un quadro eloquente.
Gianmaria Roberti