Il gioco d’azzardo è vietato ai minorenni, ma la domenica mattina non è raro vedere ragazzini in fila per scommettere sulle partite di calcio

NAPOLI – “Giucammc a bullett”. Per i pochi che non lo sanno, la “bolletta” è quella che un tempo era la schedina: l’azzardoso gioco in cui bisogna indovinare, scommettendo del denaro, il risultato esatto di alcune partite di calcio. E fin qui, diciamo, che è tutto regolare. Lo Stato ha regolarizzato questo tipo di gioco, ha concesso delle autorizzazioni ad alcune agenzie ma ponendo alcune condizioni, fra cui una che dovrebbe essere ferrea: che il gioco (d’azzardo, si intende) è vietato ai minorenni. Il condizionale però in questo caso è un obbligo. Sì, perché nonostante i divieti, in molti centri scommesse – soprattutto quelli che non si trovano sulle vie principali della città – è usuale incontrare bambini che la domenica mattina come passatempo decidono “andarsi a giocare due euro” sulle partite. Così come quelli della foto, che si trovavano a mezzogiorno in una agenzia nella zona dei Quartieri Spagnoli e che, incuranti della legge, studiando il foglio delle quote discutevano sui risultati da scommettere. Alla stessa maniera, il gestore della sala, sempre incurante delle disposizioni, nonostante il cartello affisso bene in vista, prende i soldi e invia al sistema elettronico l’esito su cui i due hanno deciso di puntare. Ciò di cui si può essere certi è che ciò avviene sistematicamente ogni domenica e che, testimoni raccontano, che i genitori si raccomandano pure “nun è facit sta aret o banco, perché stann passando i carabinieri”.

Barbara Tafuri

 

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