Via D’Amelio, alle 16.58 ricordata la strage: verità ancora lontana, troppi silenzi

Enigmi sulle possibili complicità, all’ombra della trattativa Stato-mafia, e sull’accertato depistaggio nelle indagini. Restano intollerabili i misteri, a 27 anni dall’eccidio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i poliziotti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina

Alle 16.58 in via D’Amelio si sono alzate le agende rosse, simbolo di una verità lontana, a 27 anni dalla strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i poliziotti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Troppi silenzi, troppe zone d’ombra sull’eccidio, consumato sullo sfondo della trattativa Stato-mafia. E ancora tante nubi sul depistaggio nelle indagini. “Quest’anno mi riesce più difficile partecipare alle celebrazioni perché non c’è Rita (sorella scomparsa del magistrato, ndr)- dice il fratello Salvatore Borsellino, fondatore del movimento delle Agende rosse – ma sono felice che, per la prima volta, questo anniversario sia stato programmato insieme dal movimento delle Agende rosse e dal Centro studi Paolo Borsellino. Per me non si tratta solo di fare memoria, ma di lotta perché ogni volta dobbiamo ricordare che a ucciderlo non è stato il nemico, bensì il fuoco che proveniva dalle sue spalle, da chi doveva combattere insieme a lui. Per questo per me memoria significa lotta”.  In via D’Amelio risuonano le dure parole di Fiammetta Borsellino, figlia del giudice. “Al di là degli impegni delle procure di Messina e Caltanissetta – dichiara la donna al Quotidiano del sud-, uno non deve perdere la speranza di arrivare alla verità, non puoi mai abbandonare l’idea di vedere la luce, queste persone indegne che hanno condotto le indagini, investigatori e magistrati, se hanno sbagliato devono pagare. Io mi riferisco a tutti i poliziotti, investigatori e magistrati, che hanno lavorato fino a quando non ci fu il pentimento di Gaspare Spatuzza che ha svelato il depistaggio. Non lo dico io che c’è stato un depistaggio, lo dicono le sentenze”. Netta anche Maria Falcone, sorella del magistrato ammazzato a Capaci: “Si va intravedendo il contesto in cui maturò il depistaggio delle indagini sull’eccidio di via D’Amelio. Ma è ora indispensabile che si vada avanti su questa strada, che le eventuali responsabilità istituzionali vengano fuori senza sconti come chiedono i familiari delle vittime che, giustamente, pretendono una verità piena”. Il capo della polizia, Franco Gabrielli, afferma: “Se tra di noi qualcuno ha sbagliato, se qualcuno ha tradito per ansia da prestazione o per oscuri progetti, siamo i primi a pretendere la verità. E non ci si pari dietro a chi non più parlare e a scorciatoie. Non vogliamo verità di comodo”. E ad un “impegno per giustizia e verità” si richiama il capo dello Stato, Sergio Mattarella. Ma forse non basta più, a 27 anni da quei misteri.

(Foto Movimento delle Agende Rosse/Fb)

 

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest