Processo Cucchi bis, carabiniere imputato accusa di pestaggio i colleghi

Francesco Tedesco: “Chiedo scusa alla famiglia di Stefano, per me questi sono stati anni di muro insormontabile”. L’Arma valuta di costituirsi parte civile, il governo pure. Di Maio: “Chi si macchiò del decesso pagherà, mi auguro presto”. Salvini si smarca: “Chi sbaglia paga, ma sto con la Benemerita”

“Chiedo scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria, imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile”. Parole forti, quelle di Francesco Tedesco, carabiniere imputato di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità al processo bis sulla morte di Stefano Cucchi. Il militare inizia così l’esame davanti alla Corte d’Assise. Senza giri di parole, accusa di pestaggio i colleghi coimputati, Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo. “Al fotosegnalamento Cucchi si rifiutava di prendere le impronte- racconta Tedesco-: siamo usciti dalla stanza e il battibecco con Alessio Di Bernardo è proseguito. A un certo punto Di Bernardo ha dato uno schiaffo violento a Stefano”. A quel punto “Cucchi è caduto a terra, battendo la testa e Raffaele D’Alessandro ha dato un calcio in faccia a Stefano”.

“Non era facile denunciare i miei colleghi – si sfoga Tedesco-. Il primo a cui ho raccontato quanto è successo è stato il mio avvocato. In dieci anni della mia vita non lo avevo ancora raccontato a nessuno”. La rivelazione giunge a 10 anni dai fatti.

“Dire che ebbi paura è poco – si giustifica l’imputato-. Ero letteralmente terrorizzato. Ero solo contro una sorta di muro. Sono andato nel panico quando mi sono reso conto che era stata fatta sparire la mia annotazione di servizio, un fatto che avevo denunciato. Ero solo, come se non ci fosse nulla da fare. In quei giorni io assistetti a una serie di chiamate di alcuni superiori, non so chi fossero, che parlavano con Mandolini (maresciallo coimputato per falso e calunnia, ndr). C’era agitazione. Poi mi trattavano come se non esistessi. Questa cosa l’ho vissuta come una violenza”.

Secondo Tedesco, il collega Roberto Mandolini gli avrebbe detto: “Tu devi continuare a seguire la linea dell’Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere”. E Tedesco mette a verbale: “Ho percepito una minaccia nelle sue parole”.

 

GOVERNO E ARMA PRONTI A COSTITUIRSI PARTE CIVILE. L’udienza fa rumore, e il premier Giuseppe Conte annuncia che il ministero della Difesa è favorevole a costituirsi parte civile, precisando di parlare a “a nome del governo”. Intenzione anticipata anche dal comandante dei Carabinieri, il generale Giovanni Nistri, rivolgendosi ad Ilaria Cucchi in una lettera  inviata l’11 marzo, rivelata da Repubblica. “Abbiamo la vostra stessa impazienza – dice Nistri alla sorella di Cucchi – che su ogni aspetto della morte di Suo fratello si faccia piena luce e che ci siano infine le condizioni per adottare i conseguenti provvedimenti verso chi ha mancato ai propri doveri e al giuramento di fedeltà”. E, intanto, anche il vicepremier Luigi Di Maio plaude alla deposizione di Tedesco, che “restituisce dignità a una famiglia che chiede giustizia da anni”. “Chi si macchiò, direttamente e indirettamente, del decesso di Stefano – assicura il capo politico del M5S – pagherà. Mi auguro il più presto possibile”. A smarcarsi, con cautela, è l’altro vicepremier Matteo Salvini. “Chi sbaglia paga, anche se indossa una divisa – dichiara il ministro dell’Interno Matteo Salvini – ma non accetto che l’errore di pochi comporti accuse o sospetti su tutti coloro che ci difendono: sempre dalla parte delle Forze dell’Ordine”.

 

ILARIA CUCCHI: “L’ARMA È CON ME”. Intervistata da Repubblica, Ilaria Cucchi commenta: è stato “per me un momento emotivamente molto forte. Perché è arrivata dopo anni in cui io e la mia famiglia ci siamo sentiti traditi”. E  “la lettera del generale Nistri è tornata a scaldarmi il cuore. A scacciare il senso di abbandono che ho vissuto in questi nove anni. Oggi finalmente posso dire che l’Arma è con me”. “So che nulla è ancora deciso – aggiunge-. E che in ogni caso bisognerà attendere la richiesta di rinvio a giudizio per gli otto ufficiali indagati per il depistaggio. Ma ne ho parlato con il generale Riccardi, portavoce del Comandante che mi ha assicurato come l’ipotesi sia concreta. Sarebbe bellissimo. E soprattutto, vero. Perché, come scrive Nistri, mio fratello è morto ma ad essere lesa, insieme alla sua vita e a quella della mia famiglia, è stata anche l’Arma e i suoi centomila uomini cui la lettera fa riferimento”.

 

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