Napoli, il capo Ispettorato del Lavoro arrestato: favori in cambio dell’assunzione del figlio ingegnere

 Secondo le indagini sviluppate dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Avellino  l’alto dirigente dell’Ispettorato  colpito dal provvedimento cautelare avrebbe compiuto atti contrari ai propri doveri d’ufficio, nell’ambito di un procedimento ispettivo  relativo ad un appalto per la fornitura di servizi tra le due società

L’assunzione del figlio ingegnere in una società in cambio di un favore nell’ambito di un appalto. E’ quanto contestato dalla Procura di Avellino al capo dell’Ispettorato interregionale del lavoro di Napoli, Renato Pingue raggiunto da un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari eseguita dai Carabinieri del nucleo investigativo di Avellino per corruzione in concorso con l’amministratore delegato di una società irpina operante sul territorio nazionale.

Nei confronti di quest’ultimo imprenditore e del legale rappresentante di una spa che opera nel settore della fornitura di manodopera per servizi vari, è stato inoltre eseguito un provvedimento di sequestro preventivo per equivalente per l’importo di circa 2 milioni di euro.

Secondo quanto appurato dalle indagini sviluppate dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Avellino sotto la direzione della Procura di Avellino, l’alto dirigente dell’Ispettorato del Lavoro colpito dal provvedimento cautelare, all’epoca dei fatti anche direttore provinciale del Lavoro, avrebbe ottenuto l’assunzione di un figlio ingegnere da parte della società in questione per compiere atti contrari ai propri doveri d’ufficio, nell’ambito di un procedimento ispettivo di competenza dell’ufficio da lui all’epoca diretto, relativo ad un appalto per la fornitura di servizi tra le due società colpite dal sequestro preventivo, la prima in qualità di committente e la seconda in qualità di appaltatrice.

Le due società erano state oggetto di verifica e accertamento di irregolarità da parte degli ispettori del lavoro dipendenti dell’arrestato che, in cambio dell’assunzione del figlio, nel corso del procedimento di accertamento avrebbe dato disposizioni affinché nelle comunicazioni ai lavoratori, che riuniti in cooperative svolgevano servizi in favore delle società, venissero omesse indispensabili informazioni che avrebbero consentito agli stessi di esercitare appieno i loro diritti di rivalersi per spettanze e contributi mai percepiti anche nei confronti delle due società in qualità di committente.

Il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso dal Gip del Tribunale di Avellino che ha concesso all’indagato gli arresti domiciliari. Insieme a Pingue sono indagati l’amministratore delegato e il legale rappresentante di due società per azioni, nei confronti dei quali è stato disposto il sequestro preventivo da 2 milioni di euro.

L’appalto finito nel mirino degli investigatori, che sarebbe al centro dell’episodio di corruzione, riguarda una fornitura di servizi tra le due società, una in qualità di committente, la seconda in qualità di appaltatrice. Dai controlli degli ispettori del lavoro erano emerse diverse irregolarità nel rapporto tra le due società, operanti nel settore della logistica e dei servizi, con le cooperative nelle quali operavano i lavoratori. In particolare, con l’intervento diretto del dirigente dell’Ispettorato, ai lavoratori venivano omesse quelle informazioni che avrebbero invece consentito di esercitare pienamente i loro diritti, soprattutto per spettanze e contributi mai percepiti. Questo sarebbe accaduto a numerosi lavoratori della Cooperativa Sva di Pontecagnano (Salerno), ai quali sarebbe stato imposto di firmare la conciliazione per rinunciare ad ogni azioni di recupero su Tfr, tredicesime, detrazioni sul nucleo familiare, contributi e ferie. Il provvedimento di sequestro preventivo per 2 milioni ha interessato 30 conti correnti riconducibili alle due società. La gestione dell’Ispettorato del lavoro di Avellino da parte di Renato Pingue era stato anche oggetto nel 2016 di una interrogazione parlamentare al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che denunciava le pressioni e i condizionamenti a cui sarebbero stati sottoposti gli ispettori dal capo dell’ufficio relativamente agli accertamenti sulle due aziende finite nell’inchiesta

 

 

 

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