L’ordine sarebbe venuto dal carcere: “Lo voglio squartato vivo”. L’ira del padrino per l’intervista al defunto ex pentito Carmine Schiavone

ROMA – L’ira del padrino sarebbe scattata per quel reportage sulla Terra dei Fuochi mandato in onda su La7, che conteneva un’intervista al defunto ex pentito Carmine Schiavone.  “O vogl’ squartat’ viv…”. Questa la minaccia di morte che il capo dei Casalesi, Michele Zagaria, avrebbe fatto al giornalista Sandro Ruotolo, storico inviato nelle trasmissioni di Michele Santoro. La frase del boss è stata intercettata in carcere. Da oggi il giornalista è sotto scorta per decisione del prefetto di Roma, Franco Gabrielli, in attesa della riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza.  “Ci sono tracce recenti di rapporti tra Zagaria, quando era latitante, e i servizi segreti. Ma parliamo degli anni Duemila”, dice Ruotolo durante l’intervista. “Non ti posso dire più niente. Lo saprai al momento opportuno”, risponde Schiavone. Quando a febbraio l’ex collaboratore di giustizia morì per i postumi di un’operazione chirurgica, lo stesso giornalista sollevò dubbi sulla fine improvvisa, svelando che Schiavone era pronto a fare nuove rivelazioni sugli intrecci tra clan, affari e politica nella martoriata terra dei fuochi: “Gli ho parlato dopo l’intervento, stava bene”.

IL GIORNALISTA: “NON MI FACCIO INTIMIDIRE” – “Vi ringrazio di cuore. Davvero. Sentire la solidarietà in momenti particolari fa solo bene. Lo sapete che da ieri sono sotto scorta solo perché ho fatto il mio dovere di giornalista”. Con un post su Facebook, Sandro Ruotolo risponde ai tantissimi messaggi di solidarietà pervenuti in queste ore. “Raccontare la realtà. Con passione, umiltà e curiosità – scrive il giornalista -. Capita che non siate d’accordo con la mia interpretazione dei fatti ma sono certo che più punti di vista siano essenziali per la qualità della nostra democrazia. Ecco perché queste minacce riguardano anche voi, il vostro diritto di essere informati. State tranquilli che non mi faccio intimidire”. “Certo – aggiunge -, non è piacevole sapere che il capo del clan dei casalesi, la camorra più vicina al modello mafioso siciliano, ti vuole squartare vivo. Ma io non posso cambiare perché solo così so fare il mio lavoro. So che non solo”. Ruotolo conclude con un auspicio: “Vorrei però che con me tanti altri giornalisti raccontino il paese reale. Ognuno con il suo punto di vista. Se si resta soli si è a rischio, se siamo in tanti a rischiare sono loro. La mafia è una montagna di merda”.

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