La rabbia dei ricercatori universitari: “non vogliamo morire precari”

Mobilitazioni in tutto il Paese

I ricercatori universitari si mobilitano e proclamano lo stato di agitazione contro la riforma Bernini perché precarizza ancora di più il lavoro di ricerca in un contesto di tagli trentennali all’università da parte di governi di centrosinistra e centrodestra. Presidi di lotta sono stati promossi dai dottorandi, le assegniste di ricerca e le studentesse dell’assemblea precaria universitaria che hanno manifestato dentro l’Università Statale di Milano contro il Disegno di Legge della ministra Bernini. “Una misura che peggiora una situazione già tragica” racconta un’assegnista di ricerca in sociologia. “Lo stipendio base per un ricercatore è di 1400 euro – aggiunge – significa non potersi permettere di programmare un futuro”. Una cifra che per i dottorandi scende a 1200 euro. Eppure senza di loro “l’università si blocca” come spiega Sergio, dottorando.

Il rischio con la riforma Bernini è che la situazione diventi sempre più precaria. Servono più fondi per l’università soprattutto se compariamo e meno stanziamenti per finanziare le guerre.

Il disegno di legge prevede che ai contratti di ricerca vigenti si affiancano altre 5 figure professionali tutte più flessibili e meno costose. Non è quindi difficile prevedere che i contratti di ricerca finiranno di fatto su un binario morto. Il contratto postdoc, quello che più gli somiglia, ha alcuni indubitabili vantaggi rispetto al contratto di ricerca: 1) prevede una maggiore flessibilità di compiti, compresi la didattica e la terza missione; 2) può essere stipulato anche in assenza di uno specifico progetto di ricerca; 3) ha una durata annuale e non richiede quindi un impegno finanziario iniziale biennale, permettendo una più efficace messa in prova del post-doc; 4) ha costi definiti dal ministero e non è soggetto alla contrattazione collettiva.

Ciò che verosimilmente scaccerà dal mercato anche il contratto post-doc saranno le borse di assistenza all’attività di ricerca: finalmente i Principal Investigators italiani potranno dire di avere anche formalmente i loro Research Assistant. Stessa flessibilità di durata del contratto post-doc, stessa flessibilità di uso, costi sicuramente molto inferiori: la remunerazione è sotto forma di borsa di studio il cui importo è definito dal ministero. E soprattutto, in caso di finanziamento su bandi competitivi, il PI può scegliere chi vuole senza ricorso ad una bando di selezione. L’ambiguità del testo del disegno di legge non pare escludere che un PI possa coltivarsi l’assistente per 3 anni come assistente junior, cui seguiranno 3 anni di assistente senior. Per lavoretti saltuari e meno impegnativi si potrà ricorrere infine alla collaborazione da parte degli studenti.

Last but not least, i contratti per professore aggiunto: le università potranno ricorrere senza vincoli a reclutare personale esterno per la didattica che avrà in cambio un titolo ambito di prof. da far scrivere sulla carta intestata e far valere nelle parcelle per i propri clienti.

Con questo disegno di legge si chiude il cerchio della precarizzazione dell’avviamento alla ricerca e si avvera il sogno dei baroni di avere a disposizione personale qualificato a basso costo completamente subordinato e ricattabile.

CiCre

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