L’avvocato Giuliana Quattromini: “Sono necessari controlli serrati sugli atti transattivi, troppi abusi”
La sezione lavoro del Tribunale di Napoli ha annullato i verbali di conciliazione sottoscritti all’Ufficio del Lavoro riguardanti il trasferimento del personale da Napoli Sociale a Napoli Servizi, entrambe aziende di proprietà del Comune di Napoli. Verbali impugnati da una quarantina di lavoratrici che accusarono l’azienda di aver esercitato pressioni, estorto il loro consenso, minacciato il licenziamento per rinunciare all’inquadramento professionale, alle spettanze salariali precedentemente maturate. Le lavoratrici, sostenuti dalla “Rete e Soccorso per i Diritti”, difesi dall’avvocato giuslavorista Giuliana Quattromini presentarono i ricorsi al Tribunale del lavoro. “Con la presente impugniamo ex articolo 2113 codice civile i verbali da noi sottoscritti nel novembre 2016 con le società Napoli Sociale e Napoli Servizi “ – evidenziarono i lavoratori in una nota inviata all’azienda – Impugniamo detti verbali anche perché per più versi discriminatori, nulli per violazione di norme imperative, in frode alla legge e affetti da motivo illecito unico e determinante, oltre che da annullarsi per vizi della volontà”. Il 14 febbraio scorso è stata emanata la prima sentenza favorevole riguardante 4 lavoratrici alle quali è stato riconosciuto il proseguimento del rapporto di lavoro alle dipendenze di Napoli Servizi senza soluzione di continuità ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile. Napoli Servizi, difesa dall’avvocato Nunzio Rizzo, è stata condannata a pagare le spese processuali.
Il giudice designato Giovanna Picciotti con la sentenza n.25855/2017 ha ritenuto che “la prova della coazione diretta ad estorcere il consenso delle lavoratrici alla sottoscrizione della conciliazione sia emersa sia dall’istruttoria svolta, ma ancora prima, dalla stessa documentazione agli atti. Assume rilevanza fondamentale, a tale fine, il contenuto della comunicazione di Napoli Servizi in vista della futura stipula del contratto di assunzione – scrive il giudice – In essa si legge che la proposta di assunzione alle proprie dipendenze è subordinata all’accettazione da parte delle lavoratrici di determinate condizioni, tra cui, la rinuncia a d azioni dirette e o di natura solidaristica relative al rapporto intercorso con Napoli Sociale; che l’assunzione stessa e le condizioni ivi indicate avrebbero dovuto essere trasposte in un verbale di conciliazione articolo 411 codice procedura civile”. Significativa la testimonianza di una lavoratrice. “La teste ha, poi, riferito che l’amministratore di Napoli Servizi, in occasione dell’incontro presso l’ufficio del lavoro, aveva espressamente dichiarato che la mancata sottoscrizione della conciliazione avrebbe comportato il licenziamento – continua il giudice – E la circostanza è meramente confermativa della volontà di Napoli Servizi già espressa nella inviata alle lavoratrici. Per tale ragione a poco vale che il teste indotto dalla difesa della Napoli Servizi l’abbia espressamente negata pur riconoscendo che le lavoratrici ben conoscevano il contenuto del verbale di conciliazione che gli era stato rappresentato con la lettera di cui si è detto. E’, infatti, proprio il tenore di tale comunicazione che tradisce il comportamento indirettamente, ma chiaramente, intimidatorio – sottolinea il giudice – Francamente evidente è che il consenso alla sottoscrizione del verbale di conciliazione sia stato indotto dal comportamento del futuro datore di lavoro che, nella comunicazione esaminata, nella sostanza, minacciava la non prosecuzione del rapporto di lavoro in caso in cui le lavoratrici non avessero accettato di essere assunte ex novo con rinuncia alle guarentigie dell’articolo 2112 del codice civile”. Alla luce delle considerazioni espresse, “i verbali di conciliazione vanno, in definitiva, annullati per difetto del requisito del consenso ex articolo 1427 e 1435 del codice civile, perché mai le lavoratrici avrebbero sottoscritto il verbale di conciliazione se non indotte dalla minaccia di non potere altrimenti continuare a lavorare. In via ulteriore, va dichiarata la prosecuzione del rapporto di lavoro delle ricorrenti alle dipendenze di Napoli Servizi con riconoscimento della tutela di cui all’articolo 2112”.
La sentenza è una pesante tegola che si è abbattuta sulla Napoli Servizi, società di proprietà del Comune di Napoli, azienda pubblica che dovrebbe svolgere un esemplare ruolo di garante per il rispetto delle norme contrattuali, dell’etica e della responsabilità sociale. E’ una pesante tegola che si è abbattuta sulla giunta comunale di Napoli guidata da Luigi de Magistris che ha avallato i verbali di conciliazioni e gli atti transattivi redatti dalle sue aziende partecipate ignorando la dignità, dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Un ruolo di primo piano nella stesura degli atti transattivi fu assunto da Attilio Auricchio, Capo di Gabinetto, eminenza grigia di Palazzo San Giacomo. E’ una pesante tegola che si è abbattuta anche sulle organizzazioni sindacali confederali e di categoria che continuano a legittimare con disinvoltura transazioni e conciliazioni trasformandosi in “uffici notarili e di consulenza”, ignorando la volontà dei lavoratori dimenticandosi di svolgere il ruolo di associazioni di rappresentanza sociale. Sono centinaia gli atti transattivi, le conciliazioni che vengono sottoscritti, senza adeguata trasparenza e un valido sistema di regole, presso gli uffici del lavoro, le sedi sindacali, le associazioni imprenditoriali. Atti transattivi che spesso finiscono nel mirino della magistratura e della guardia di finanza. Recentemente a causa di un atto transattivo sono scattate le manette per il capo degli ispettori del lavoro di Napoli e della Campania. I lavoratori coinvolti nelle conciliazioni non sono tutelati, mancano le regole, bisognerebbe stabilire delle soglie minime e massime quando si presentano le proposte alle controparti. Invece, spesso i lavoratori sono costretti a firmare accordi transattivi rinunciando al 70-80 per cento delle loro spettanze. E non solo. In mancanza di regole, le conciliazioni e gli atti transattivi possono alimentare e favorire anche forme di corruzioni.
Puntuali e significative le dichiarazioni dell’avvocato Giuliana Quattromini(nella foto):“Spesso, abbiamo verificato che gruppi di associazioni, consulenti senza scrupoli e organizzazioni sindacali depositano centinaia di conciliazioni, conciliando persino su diritti indisponibili, per esempio sui contributi – afferma Quattromini – Vanno fatti controlli serrati sulle conciliazioni e su chi le fa. Ma la denuncia politica non basta, se i lavoratori non crescono in coscienza e cultura e restano succubi in una sudditanza psicologica di faccendieri di ogni risma”.
Ciro Crescentini