I 19 suicidi tra i dipendenti di France Télécom: tre  dirigenti condannati per mobbing

Le morti in serie scossero l’opinione pubblica francese. Per il tribunale, i vertici del gruppo diffusero un clima nocivo di molestie morali e istituzionali

France Télécom, il suo ex amministratore delegato Didier Lombard e altri ex dirigenti sono stati condannati per “mobbing morale istituzionale” nei confronti del personale, un decennio dopo che almeno 19 dipendenti si suicidarono, in alcuni casi lasciando lettere d’accusa contro il colosso delle Telecomunicazioni. Il tribunale francese ha esaminato i casi di 39 parti civili, tra cui 19 dipendenti dell’azienda (quotata sulla borsa di Parigi e nel 2013 diventata Orange) che si suicidarono, 12 che tentarono di farlo, altri che soffrirono di depressione. Tutti i condannati ricorreranno in appello, ha annunciato Jean Veil, avvocato dell’ad, accusando i giudici di “pura demagogia”. Lombard, amministratore delegato tra 2005 e 2010, l’ex numero due Louis Pierre Wenès e l’ex direttore delle risorse umane Olivier Barberot sono stati condannati a un anno di carcere, di cui otto mesi sospesi, e 15mila euro di multa, per una politica di tagli “a oltranza” nel 2007-2008. Gli imputati dovranno versare in solido 3 milioni di euro in danni e interessi a parti civili, ex impiegati e famiglie delle vittime. Al cuore del processo, inedito in Francia, c’è l’accusa di “mobbing morale istituzionale” diffuso dal vertice dell’azienda sino ai dipendenti. Nel luglio 2009 un tecnico, Michel Deparis, si suicidò e lasciò una lettera: “Mi uccido a causa di France Telecom. È la sola causa”, denunciando una “gestione con clima di terrore”.Credo questa decisione farà scuola”, ha commentato Sylvie Topaloff, avvocata del sindacato Sud e di varie parti civili. I testimoni in tribunale hanno raccontato che i lavoratori cadevano in depressione a causa di cambi di mansioni e trasferimenti forzati, abbassamenti di salari, email che incitavano a dimettersi e altro. Il processo si è concentrato sugli anni 2007-2010 e su piani di riorganizzazione che in tre anni, nell’azienda da 100 mila dipendenti, volevano tagliare 22 mila posti di lavoro e attuare 10 mila mobilità. France Telecom era stata privatizzata nel 2004. Nel 2006, Lombard dichiarava ai quadri aziendali: i tagli dovevano avvenire, che fosse per “la finestra o per la porta”. Ai giudici, l’azienda ha sempre parlato di dimissioni volontarie. La sentenza parla di tagli “a marce forzate”, definendo la volontarietà una “facciata”. I tre ex dirigenti, secondo i giudici, hanno “messo pressione sui quadri”, che si è ripercossa “creando un clima ansiogeno nel quotidiano di tutti” i lavoratori: “hanno elaborato” un “piano concertato per peggiorare le condizioni di lavoro per accelerare le uscite definitive“. Gli imputati sono stati prosciolti per il periodo successivo al 2008. In tribunale, tra i parenti di quanti si suicidarono c’era la famiglia di Rémy Louvradoux, che si diede fuoco in un parcheggio di France Telecom. “Questo risponde alla domanda fondamentale di questo processo: ‘Possiamo permetterci di fare questo tipo di cose? Possiamo permetterci di spingere le persone al suicidio o alla depressione per fare soldi?’ – dice Raphaël Louvradoux, figlio del dipendente suicida – almeno abbiamo una prima risposta dal sistema giudiziario, che è ‘No, non potete, caso contrario siete condannati'”.

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