Coronavirus, quando le misure di sicurezza si trasformano in un abuso di potere

Riceviamo e pubblichiamo integralmente

In questi giorni cosi intensi e carichi di ansia per tutti noi, si sta consumando ai danni di migliaia di calabresi un’infamia che per alcuni potrebbe tramutarsi in tragedia. Stiamo parlando di quelle studentesse e di quegli studenti che si trovano al centro-nord, di quei lavoratori precari che assieme ai loro famigliari sono nuovamente emigrati al nord perché la loro terra non ha offerto alcuna prospettiva.

Parliamo di quasi 30 mila giovani, nonché bambini e nonni, che quel maledetto 9 Marzo non sono scappati dal Nord, ma con senso di civismo hanno scelto di rimanere chiusi nei loro precari alloggi al fine di evitare potenziali contagi per i loro corregionali. Sono stati considerati “eroi”, si erano forse illusi che al loro ritorno avrebbero trovato le più alte istituzioni regionali ad accoglierli.

E invece… nel momento in cui, dopo una “auto-quarantena” (poiché è stata accettata con senso di responsabilità civile, sulla base di una misura imposta dal governo per fronteggiare l’attuale emergenza sanitaria) durata ben cinquanta giorni, hanno chiesto (ripeto hanno chiesto!) il permesso di ricongiungersi alle proprie famiglie.

Tale permesso è stato recisamente negato. Ma, cosa ancora più grave che continueremo a denunciare, è il trattamento denigratorio riservato ai giovani che hanno avanzato questa legittima richiesta. Sono stati trattati come degli appestati irresponsabili, dei potenziali untori per la Calabria intera. Quella stessa Calabria che intanto doveva fare i conti con i contagi dentro le RSA e con i poveri vecchi che morivano.

A volerla dire tutta, e al netto della retorica stucchevole e ipocrita (eroe chi resta a casa comprimendo i suoi più elementari diritti, eroi quelli del personale sanitario, ma hanno ricevuto in ritardo le mascherine e, in molti casi, li si lascia ancora lavorare senza o, comunque, con scarsi equipaggiamenti), i nostri governanti stanno violando un diritto sancito dalla Costituzione: quello delle libertà personali (art.13) e più volte richiamato da autorevoli giuristi.

La cosa peggiore è che, con notevole arroganza nel pretendere di imporre misure di una prevenzione ancora non dimostrata nella sua efficacia, il Governo e le Regioni danno alle giovani generazioni un messaggio pericoloso e diseducativo: essere rispettosi della legge e del vivere civile non paga; al contrario, coloro che, presi dal panico diffuso dalle stesse misure di emergenza del governo, hanno assaltato – contro i decreti legge dello stesso governo – la stazione di Milano per tornare precipitosamente al Sud, hanno potuto farlo senza subire sanzioni.

Possibile che, con i mezzi di controllo a disposizione (addirittura un’app per monitorare gli spostamenti), nessuno abbia pensato a come organizzare dei treni speciali (con posti limitati, a pagamento, e a distanza di sicurezza) per permettere a tutte queste persone di tornare a casa gradualmente, in tempi ragionevoli, e senza rischi? Se questo non è fattibile, vorremmo, allora, avere delle spiegazioni in merito. Così come sarebbe ora di dire la verità sul perché non si riescono a fare i tamponi su tutta la popolazione e a isolare soltanto le persone positive al virus oltre che quelle a rischio.

Diciamo basta alla colpevolizzazione delle persone che non vogliono essere intimidite, soggiogate psicologicamente e mortificate nell’esercizio dei loro diritti più elementari. Chiediamo, invece, umanità e senso della misura nella gestione dei tanti aspetti di questa emergenza. Tra questi, c’è anche il diritto di tornare a casa.

Tutto questo perché, com’è chiaro in altri Paesi d’Europa, la quarantena ha l’obiettivo di responsabilizzare i cittadini rispetto al dovere di non costituire alcun pericolo per gli altri. Per giunta, il divieto non consiste nel non uscire, ma nel poter uscire rispettando le norme che tutelano la salute degli altri (distanziamento sociale).

Se si continuerà a volere ostinatamente chiudere gli occhi dinanzi a questa situazione così drammatica, c’è il rischio che questa possa trasformarsi in una tragedia che non dimenticheremo quando si tratterà di individuarne le responsabilità politiche e penali oltre che morali.

Raffaele Froio

Comitato #IoTornoACasaMia

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