La riscossa in Argentina di Antonio, laureato napoletano

 

Riceviamo e pubblichiamo integralmente

Se guardo  indietro e penso a cosa facevo solo l’anno scorso di questi tempi mi sembra passato un secolo: eppure non è nemmeno trascorso un anno da quando la mia vita, dal punto professionale (e non solo!) ha avuto la sua grande svolta. Quella che sto per raccontarvi non è la storia di un “eroe” (mai mi sentirò tale… gli eroi sono altri!), ma nemmeno di un “fuggitivo” (come ci ha apostrofati qualche esponente politico idiota); ma la storia di un italiano di oggi, uno dei tanti, che ha deciso di realizzare i suoi sogni lontano dalla proprio paese. Come accennato all’inizio: a inizio 2017 ero veramente giù. Non ho mai avuto problemi di depressione, ma ricordo che in quel periodo ero veramente molto arrabbiato. In primis, con me stesso. Pensavo infatti che la mia scelta formativa fosse stata totalmente errata: avevo preferito l’amore di una vita, la filosofia, dimenticando che, in Italia, è considerata antiquata e inutile. Ero arrabbiato con il mondo universitario, dove la selezione dei ricercatori continuava a basarsi su giochi di potere, e non sul merito. Ed io sapevo di meritare una possibilità: non per eccesso di autostima, ma perché lo dicevano i miei titoli (laurea e dottorato di ricerca), che avevo ottenuto con il massimo dei voti (ero anche riuscito a pubblicare la mia tesi con una delle più importanti casi editrici scentifiche). Infine, ero arrabbiato con una “politica” che invece di incentivare la formazione e la ricerca (unica strada per una vera ripresa economica), continuava a buttare soldi in politiche assistenziali, il cui unico risultato era quello di rafforzare il vincolo clientelare tra il cittadino (costante elettore in un paese dove si vota ogni anno) e i politicanti (il nobile titolo di “politici” non lo meritano!) che governano questo paese. Insomma, ero veramente incazzato! Ma una semplice email doveva cambiare la mia vita. Una sera di febbraio, infatti, insieme alla mia ragazza (oggi mia moglie), mi misi alla ricerca in rete di qualche opportunità all’estero. Per caso, ci imbattemmo nel curriculum vitae del direttore della facoltà di Filosofia della UBA (Universidad de Buenos Aires), e sfogliandolo mi accorsi che i suoi studi e i suoi interessi erano molto vicini ai miei (ad essere sinceri: erano quasi gli stessi!). Così, quella stessa sera, gli inviai il mio curriculum. Il giorno dopo già mi rispose: era molto entusiasta dei miei studi e subito mi chiese se, nel caso avesse trovato una borsa di studio, fossi disposto a trasferirmi in Argentina. Io, ovviamente, diedi la mia disponibilità, e dopo una settimana il professor Francisco Bertelloni (così si chiama colui che ha creduto in me!) mi comunicò che aveva trovato una borsa di due anni e che per la fine di aprile dovevo stare a Buenos Aires. Fui felicissimo: mi sembrava un sogno! In un mese organizzai tutto: viaggio, alloggio, ed ebbi pure il tempo di sposarmi. Il 27 aprile partì e ad inizio maggio ero già operativo. Buenos Aires è stata una bellissima scoperta, in tutti i sensi. L’università argentina non ha nulla da invidiare a quelle europee e nordamericane: il livello professionale dei docenti e dei ricercatori è altissimo, ed anche gli studenti sono molto preparati. Ma è soprattutto sul piano politico che mi ha stupito positivamente. Prima di arrivare in Argentina pensavo che lo schema politico del paese si riducesse ad due soli schieramenti: i peronisti (assistenzialisti) e gli anti-peronisti (i neoliberisti); quindi, niente sinistra. Invece, una volta lì, ho visto che soprattutto tra le nuove generazioni è viva l’esigenza di una Sinistra forte, che faccia proprie le istanze dei lavoratori e, in generale, dei ceti più deboli della società. Una delle sue possibili espressioni è sicuramente costituita dal Partido Obrero, di cui frequento la sezione del mio quartiere, San Telmo; ne fanno parte ragazzi e ragazze in gamba: veri compagni e compagne, che credono nella possibilità concreta di un mondo ispirato a principi di equità e giustizia sociale. Con loro ho partecipato a molte iniziative e lotte, tra cui la grande manifestazione del 18 dicembre contro la riforma pensionistica voluta dal governo Macri. È stata una giornata indimenticabile per me: di vera lotta politica. Insomma, dopo un anno di esperienza all’estero, il mio bilancio è molto positivo: l’Argentina, nonostante le sue difficoltà economiche, si è mostrato, direbbe Hegel, un paese spiritualmente vivo; e se è vero, come dice Manzoni, che la propria casa è lì dove si sta bene, allora posso dire che Buenos Aires e los porteños mi fanno sentire veramente a casa.

Antonio Sparano

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