La crisi delle librerie, 11 mila posti di lavoro a rischio. Un patrimonio da tutelare

Il 70% ha fatto ricorso alla cassa integrazione

L’emergenza sanitaria ha aumentato le difficoltà delle librerie italiane, un settore che conta 3670 esercizi e oltre 11 mila occupati. “Oltre il 90% delle librerie italiane ha segnalato un peggioramento dell’andamento economico della propria attività a causa dello scoppio della pandemia e oltre l’84% è in difficoltà nel riuscire a fare fronte al proprio fabbisogno finanziario come pagare i propri dipendenti, provvedere a bollette e affitti, sostenere gli oneri contributivi e fiscali” – ha sottolineato il primo Osservatorio Ali Confcommercio.  I momenti più duri della crisi post Coronavirus per le librerie italiane, si legge nel rapporto sono a ridosso dell’estate: oltre il 70% delle librerie ha dichiarato di avere adottato la cassa integrazione e il 60% delle imprese ha ridotto o prevede di ridurre il proprio personale, con un calo già registrato tra dicembre 2019 e aprile 2020 del -6,6% e una previsione per luglio 2020 del -18%. “Se non riceveranno credito a fondo perduto – denuncia L’Osservatorio – saranno a rischio moltissimi esercizi e tanti posti di lavoro“. Nota positiva, nonostante le criticità, durante l’emergenza sanitaria, alcune librerie hanno fatto ricorso alla evoluzione digitale: il 27% ha iniziato a utilizzare o ha intensificato l’utilizzo del commercio elettronico e l’86,1% di queste ritiene che le soluzioni adottate durante la pandemia potrebbero diventare permanenti.

Ma perché le librerie chiudono?  In Italia, negli ultimi anni sono 2300 circa le librerie che hanno chiuso i battenti (dal 2016 ad oggi secondo Paolo Ambrosini dell’Ail). Ciò che fa più infuriare è che una risposta a questa domanda non esiste veramente. Non è semplice difatti comprendere il motivo per cui le librerie hanno difficoltà, dal momento che non vi è una risposta univoca. Si tratta infatti di una serie di fattori che portano i punti vendita a soffrire: lettori sempre più scarsi (nel 2019 solo 5 milioni di italiani leggevano almeno un libro al mese), le grandi catene, la presenza di formati digitali (ebook e audiolibri mangiano una fetta di mercato), la possibilità di acquistare i libri anche online e anche la mancanza di interventi da parte dello Stato.

Non è possibile dire con certezza quale sia la causa principale delle chiusure, ma senza dubbio la totale assenza dello Stato non aiuta. Da tempo si attende l’approvazione al Senato della Legge sul libro. La Legge sul libro potrebbe infatti dare una nuova spinta al mercato grazie alla creazione di un albo con le librerie di qualità, di card da spendere in libreria per le persone con reddito più basso e con la designazione di una Capitale del libro annuale. Interventi che forse potrebbero dare nuova linfa al mercato del libro, magari salvando anche qualche libreria dal tracollo. Le numerose librerie che chiudono sono soprattutto un danno sociale, culturale ed emotivo per i lettori, già così pochi in Italia. Una libreria, soprattutto le piccole librerie indipendenti nei diversi quartieri, anche periferici, delle grandi città sono luoghi in cui si scambiano opinioni, si chiedono suggerimenti, si prendono informazioni, ci si riunisce in gruppi di lettura, si frequentano corsi, si fanno amicizie, si combatte l’isolamento e spesso si fanno nuove amicizie partendo dalla lettura comune di un libro letto ed amato. La loro progressiva chiusura, è una grave ferita al tessuto culturale già molto fragile del nostro paese. Una mobilitazione dell’opinione pubblica dei lettori sarebbe davvero utile ed opportuna. Le librerie sono un patrimonio da tutelare, proprio come i quadri e i monumenti.

Ciro Crescentini

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest