L’Urania Partenopea, al Mann va in scena l’astronomia

Mauro Gargano, ricercatore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, ha ricostruito in una conferenza un excursus storico sulla scienza delle stelle a Napoli

Dalla pubblicazione di un inedito carteggio del barone astronomo Franz Von Zach, avvenuta alcune settimane fa, ad un excursus storico sulla scienza delle stelle a Napoli. Mauro Gargano, ricercatore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, ha tenuto nel pomeriggio di oggi al Mann un’interessante conferenza, rientrante nel ciclo “Incontri di Archeologia 2016-17” ed intitolata “L’Urania Partenopea: lo sviluppo dell’astronomia a Napoli nel tempio dell’archeologia”.

Dopo aver raccontato brevemente gli esordi della disciplina tra Quattro e Cinquecento, considerata come materia secondaria da medici e fisici del tempo operanti presso i monasteri di San Domenico Maggiore, San Pietro a Majella e San Gregorio Armeno (si ricorda, in particolare, Marco di Benevento che conobbe il famoso Niccolò Copernico), Gargano ha poi illustrato le vicende riguardanti l’istituzione di un vero e proprio corso di laurea dedicato allo studio degli astri: “ Ad inizio Seicento venne trasferita nel plesso in cui ora ci troviamo l’Università partenopea: tra le varie facoltà furono inserite ed associate l’una con l’altra la Matematica e l’ Astronomia  che procedevano in parallelo in quanto studiare gli astri sino a quel momento significava disegnare le masse e le orbite dei corpi celesti  – ha spiegato lo studioso – Solo nel 1735, grazie a Pietro Di Martino, allora direttore dell’Accademia napoletana delle Scienze, furono avviate le prime importanti osservazioni fatte mediante quadranti astronomici di cui lo scienziato ebbe modo di vedere diversi esempi già a Bologna: grazie a tali strumenti fu possibile per la prima volta calcolare le coordinate geografiche della città di Napoli”.

Grande curiosità da parte dei presenti ha attirato inoltre la citazione di alcuni luoghi partenopei quali San Carlo alle Mortelle e Pizzofalcone con la sede della Real Paggeria, frequentati nel Settecento da nobili ed ambasciatori stranieri accomunati dalla smania di osservare il cielo attraverso gli ormai diffusi cannocchiali. Il 1791 è l’anno in cui ufficialmente re Ferdinando IV decretò ufficialmente la nascita di un Osservatorio Astronomico, un progetto nel progetto, che vede ancora una volta coinvolta la struttura che ospita il Museo archeologico: “Lo scienziato Giuseppe Cassella, insieme a Pompeo Schiantarelli che in quel periodo stava curando la soprelevazione del Palazzo dei Regi Studi affinchè ospitasse le antichità ercolanesi, elaborò una serie di planimetrie e grafici in cui erano riportati tutti gli elementi portanti dell’erigendo Osservatorio – ha evidenziato Gargano –  dai laboratori alle aule per le lezioni sino agli alloggi per gli studenti. Purtroppo, sia per motivi politici che per ragioni statiche (scarsa solidità del banco di fondazione in arenaria), solo un 50% di quel progetto fu realizzato e per nostra fortuna fu impiantata almeno la meridiana, la sesta più grande d’Italia, il cui funzionamento persiste ancora oggi!”.

Gargano ha poi ricordato alcune delle osservazioni eseguite nel plesso che da Ateneo sarebbe poi diventato unicamente museo: la misurazione dell’eclisse di Luna del 1793, l’analisi del passaggio del pianeta Mercurio davanti al Sole e l’eclissi di quest’ultimo nel febbraio 1804. Da lì a pochi anni, precisamente nel 1809, Gioacchino Murat optò per uno spostamento dell’Osservatorio verso Capodimonte: “Fornita ormai di importanti strumentazioni, ovvero telescopi di manifattura inglese, pendoli e parallattici, l’istituzione fu spostata in una zona collinare più a nord; al 1812 si data la posa della prima pietra dell’attuale sede la quale, caratterizzata dalla “neoclassica” iscrizione in facciata Uraniae sacrum”,  fu subito dotata di un telescopio equatoriale e di un circolo ripetitore per la visione delle costellazioni”. A conclusione dell’interessante conferenza Gargano ha ricordato simpaticamente la figura del barone-astronomo Franz Von Zach che ebbe l’incarico di acquistare alcune apparecchiature per conto dell’Osservatorio napoletano: “ Von Zach si trovò a Napoli negli ultimi tempi del governo murattiano e fu proprio nel 1815, costretto a fuggire da una città che amò tantissimo a causa dell’imminente ritorno dei Borbone, che avrebbe pronunciato la frase che ho scelto come titolo per la mia pubblicazione dedicata al suo carteggio con Barnaba Oriani, allora direttore dell’Osservatorio di Milano: “Che il Diavolo benedica i Pulcinella”.

Angelo Zito

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