In esposizione gli affreschi e altre testimonianze materiali provenienti dalla villa romana

POMPEI – Da poco più di un mese, in seguito ad alcuni lavori di restauro, è stata riaperta al pubblico la Palestra Grande degli Scavi di Pompei con una piacevolissima novità: la presenza degli affreschi e di altre testimonianze materiali provenienti dalla villa romana scoperta in località Moregine.

In questa zona, situata a circa 600 m di distanza dalla foce del fiume Sarno (quest’ultima ritenuta da gran parte degli archeologi come presunta collocazione del porto di Pompei), nel 1959 in concomitanza con la realizzazione del tracciato dell’autostrada Napoli – Salerno fu ritrovato un gruppo di ambienti romani gravitanti attorno ad una cortile porticato. Trattasi, per la precisione, di tre triclini, ovvero stanze, adornate da affreschi ed arredate con mobili in legno, in parte conservatisi, dove il padrone di casa ed i suoi ospiti erano soliti consumare i pasti sdraiati sulle klinai. Al centro di ogni ambiente, inoltre, vi erano particolari mense dalle quali, mediante un’apposita tubatura, sgorgavano piacevolissimi giochi d’acqua. Per quanto concerne l’analisi delle pitture sulle pareti dei triclini, gli archeologi propendono per una cronologia di età claudio-neroniana, dunque a cavallo della metà del I secolo a.C., e dunque per un inquadramento nel cosiddetto IV stile. Solo nell’ambiente da pranzo centrale, tuttavia, si sarebbe riusciti a identificare i personaggi rappresentati: Elena ed i Dioscuri tra le allegorie delle Stagioni nel pannello centrale a fondo nero, mentre negli altri laterali a fondo rosso Apollo, le Muse e una figura umana interpretabile come la personificazione del fiume Sarno.  Esattamente quarant’anni dopo, nel 1999, durante i lavori di allargamento dell’autostrada, in direzione nord-ovest fu ritrovato un ulteriore settore di tale proprietà, ovvero un piccolo balneum (bagno termale) dal quale emersero alcuni straordinari reperti di uso quotidiano: bicchieri e boccali in vetro soffiato (bellissimo un esemplare recante gocce d’acqua a rilievo sulla superficie esterna), elementi bronzei di serratura per le porte, un mortaio per la macinatura degli alimenti ed un vero e proprio tesoro di argenteria composto da 20 pezzi che un fuggiasco tentò vanamente di salvare dall’eruzione del 79 d.C. entro una cesta di vimini.

L’attenta analisi del contesto edilizio e degli oggetti ivi rinvenuti, nonché un unicum costituito da un’ancora in metallo proveniente dall’area dei triclini consentono al momento di ipotizzare l’appartenenza della villa ad un mercante coinvolto in traffici aventi come punto di partenza e di destinazione il vicino porto di Pompei.

Angelo Zito

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