L’esposizione dell’artista svedese, contenente alcune opere realizzate secondo un’antica tecnica in uso presso i Greci e i Romani, sarà visitabile al Mann sino al prossimo 27 ottobre
Dallo spirito eclettico di un artista del Nord Europa un singolare omaggio all’immenso patrimonio storico-artistico di Napoli e della Campania. E’ in allestimento al Mann dallo scorso 25 settembre la mostra “Ashes to ashes – Encausti” dello svedese Mats Berqvist, contenente alcune opere realizzate secondo un’antica tecnica a base di cera in uso presso i Greci ed i Romani.
“Ogni quadro deve essere una preghiera”: con questa sorta di slogan Berqvist richiama alla mente dello spettatore il messaggio di fondo alla base di ogni sua creazione la quale, nel caso specifico dell’allestimento napoletano, intende al contempo dialogare con le mirabili sculture bronzee e le pitture provenienti dai siti archeologici di Napoli e dell’area vesuviana. Le “Daruma”, piccole sfere in ceramica raku nera che affondano le proprie origini nell’arte giapponese, vengono caricate dall’artista svedese di un nuovo duplice significato, ovvero di metafora tanto dell’ “uovo di Partenope”, in cui sarebbe racchiuso il destino di Napoli, fondata, secondo il mito, presso il sepolcro della suicida Sirena, quanto delle bombe vulcaniche che distrussero Pompei ed Ercolano nel 79 d.C.
Le “Venus”, sculture dalle forme concave somiglianti a ventri gravidi, appaiono come un’allegoria della fertilità che ha da sempre contraddistinto la Campania, tanto da meritarle da parte dei Romani l’appellativo di “terra felix”. “Votiv-skepp”, invece, struttura lunga circa 250 cm, a forma di nave, contenente tre piccole montagne di cenere, assurge quasi ad icona votiva di Napoli per l’evidente richiamo al Vesuvio. Infine, due teorie di pannelli bianchi disposte nell’ampio atrio del museo partenopeo, “Via Lattea” e “Architrave”, acquistano la sembianza di un “cielo bianco” che conduce l’osservatore alla riflessione sulla propria condizione umana: un effetto, quest’ultimo, identico a quello che dovevano provocare i quadri custoditi nei santuari greci e romani, spesso copiati nelle grandi domus aristocratiche pompeiane: “Le opere di Berqvist realizzate in encausto protendono alla stessa eternità delle icone – afferma la studiosa Elena Dal Molin nella critica all’esposizione dell’artista svedese – L’opera d’arte, spogliata di qualsiasi segno, figura e spesso anche colore, spinge lo spettatore in una dimensione di concentrazione e meditazione, fino a diventare un’immagine ierofanica, in cui cioè si mostra il sacro. Nell’opera di Mats Berqvist pittura e scultura si evocano per ricercare delle coordinate spazio-temporali incrinate, che altro non sono che una tensione verso una dimensione ulteriore”.
“Ashes to ashes – Encausti” sarà visitabile sino al prossimo 27 ottobre durante il regolare orario di apertura del Mann.
Angelo Zito