“Diffamazione aggravata da motivi abietti”: chiesto il processo per l’editore Varriale

Assieme all’ex patron di Julie Italia sono imputati anche due giornalisti dell’emittente. Al centro della vicenda, la presunta campagna diffamatoria in tv, durata oltre cinque mesi, nei confronti dell’avvocato Ciruzzi, ex legale del principale accusato

L’accusa è di concorso in diffamazione aggravata da motivi abietti e futili, nei confronti del noto penalista Domenico Ciruzzi, presidente della fondazione Premio Napoli. A rischiare il processo sono l’avvocato-editore Lucio Varriale, ex patron di Julie Italia, e i giornalisti dell’emittente Giovanni De Cicco ed Emilio Di Cioccio. A Varriale viene contestata pure la calunnia, dai pm Rosa Volpe e Raffaello Falcone, procuratori aggiunti della procura di Napoli. Ieri era in calendario l’udienza preliminare dinanzi al gip Francesco De Falco Giannone, rinviata al 10 settembre per l’astensione degli avvocati. Per gli imputati, la pubblica accusa chiede il rinvio a giudizio. Al centro della vicenda la presunta campagna ordita da Varriale contro Ciruzzi, suo ex legale. Un’escalation di attacchi, condotti su Julie Italia e le emittenti collegate, come Telelibera, e relativi i siti web. Secondo gli inquirenti, “un’azione mediatica tesa a screditare, delegittimare ed offendere gravemente la reputazione personale e professionale dell’avvocato Domenico Ciruzzi”. Un piano originato dal “fortissimo astio personale maturato dal Varriale” afferma la richiesta di rinvio a giudizio. Una condotta “ispirata da intento ritorsivo in danno della parte lesa che non aveva aderito alle reiterate richieste dell’indagato di sporgere denunce (che il Ciruzzi riteneva del tutto infondate) contro professionisti ed organi inquirenti (tra cui appartenenti alle forze dell’ordine) che avevano svolto e – ricostruiscono i pubblici ministeri – stavano svolgendo indagini che interessavano il medesimo Varriale, nonché soggetti collegati e società ad egli riconducibili”. Per i fatti richiamati dalla procura, l’editore è accusato di frode in un’indagine sui finanziamenti del Corecom alle tv locali. Un’inchiesta che lo costringe agli arresti domiciliari da novembre, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare. Nel caso Ciruzzi, gli inquirenti parlano invece di “una riproposizione ossessiva delle trasmissioni diffamanti”, mandate in onda per oltre cinque mesi. Un “linciaggio mediatico” per ci sono otto denunce sporte dal penalista. Contro Ciruzzi, l’editore aveva pure inviato un esposto al consiglio dell’ordine avvocati e ai vertici della procura generale di Napoli, accusandolo di depistaggio. “Sapendolo innocente” sostengono i procuratori Volpe e Falcone, ipotizzando anche la calunnia. Il concorso nel reato contestato ai giornalisti poggia sui ruoli in quei programmi tv, dove sono considerati agli ordini del principale imputato. De Cicco era il direttore responsabile di Julie. Di Cioccio intervistava Varriale quale opinionista della rete, di cui è ritenuto ancora proprietario di fatto.

Gianmaria Roberti

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