
Nell’occhio del ciclone la multinazionale olandese che produce i noti gelati e i sindacati per aver sottoscritto un accordo che ha prodotto solo precarietà lavorativa
Scricchiola l’accordo che ha sancito la cessione del ramo aziendale, il reparto celle della multinazionale olandese Unilever(Algida) a Catone Group – Spa Eurofrigo. Il malessere e il malcontento serpeggia tra i 24 lavoratori coinvolti nel trasferimento. Nell’occhio del ciclone sono finiti verbali di accordo sottoscritti dalle organizzazioni sindacali confederali di categoria il 30 novembre e il 19 dicembre e l’immancabile verbale di conciliazione imposto ai lavoratori per impedire eventuali azioni legali. Rimangono precarie le condizioni occupazionali dei lavoratori. Inadeguata la società Catone. “Il lavoro in cella si effettua a meno 27 gradi – spiegano i lavoratori – E a distanza di sei mesi dal trasferimento e dalla cessione del ramo aziendale non ci sono stati consegnati gli indumenti di lavoro fondamentali per poter lavorare in un ambiente come la cella frigorifero, quali maglie di lana, mutande di lana, calzettoni di lana, guanti, felpe, passamontagna, panciere”. E non solo. La Catone e la Unilever non avrebbero rispettato un altro impegno sancito nel verbale di accordo: una corretta interpretazione delle giornate di lavoro, la revisione, l’eventuale integrazione delle retribuzioni e delle buste paga da gennaio a maggio 2019 nel caso di mancanze. A quanto pare, invece, gli stipendi vengono corrisposti con molto ritardo. Una cessione di ramo aziendale che andava contestata dai sindacati. Una vicenda con molti punti oscuri tra cui i costi e la reale utilità dell’operazione, della scelta aziendale. Una cosa risulta evidente: la cessione del ramo aziendale è risultata preordinata, avallando una mera dismissione dei rapporti di lavoro concretizzata con il ricatto dei licenziamenti. Non è stata una “vittoria sindacale”. Le organizzazioni sindacali avrebbero dovuto impedire la scelta aziendale, considerato che la Unilever ha e continua ad avere un andamento economico che non solo non giustifica tale cessione, anche in relazione ai costi sostenuti per portarla a termine, ma anche per la evidente contraddizione tra quanto Unilever si propone continuamente dichiarando di essere una delle principali aziende di beni di consumo a livello mondiale, producendo e vendendo circa 400 marche in oltre 190 paesi. I sindacati avrebbero dovuto contestare anche la procedura di scelta dell’acquirente. La società Catone non offrirebbe garanzie in termini di stabilità economica e finanziaria ed essendo una Srl, il suo andamento potrebbe essere fortemente influenzato dal cosiddetto gioco delle scatole cinesi. Dunque, le strategie aziendali di attuare il trasferimento delle maestranze utilizzando il meccanismo della cessione dei rami d’azienda rappresenta il peggior ricatto per i lavoratori e si rivela troppo spesso l’anticamera di licenziamenti illegittimi che vengono attuati a cura e spese della cessionaria. Soprattutto come nel caso di specie la Catone srl si impegna per soli tre anni a rispettare ed a non licenziare i lavoratori se non per giusta causa… e dopo?