L’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, avviata nel 2021, evidenzia come la cosca continuasse a condizionare la gestione della struttura sanitaria anche dopo i 126 arresti del 2019
La gestione dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli continuava ad essere condizionata dai camorristi del clan Contini. E’ quanto emerge con evidenza dall’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli e condotta dai carabinieri che ha portato all’esecuzione questa mattina di 11 arresti, 8 in carcere, 3 ai domiciliari, ai danni di esponenti, anche di spicco, della famiglia malavitosa componente dell’Alleanza di Secondigliano, indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso e trasferimento fraudolento di valori, commessi con la finalità di agevolare l’organizzazione camorristica.
Le indagini, partite nel dicembre 2021, hanno permesso di appurare coma la gestione dell’ospedale continuasse a essere infiltrata dal clan anche dopo la maxi-inchiesta che nel 2019 aveva portato a 126 arresti e svelato come la camorra condizionasse ogni attività dell’ospedale e come i camorristi lo avessero trasformato addirittura nella propria base logistica.
“La potente organizzazione – sottolinea il gip di Napoli Federica Colucci – si è di fatto impossessata di interi settori commerciali e imprenditoriali, nonché di alcune strutture pubbliche assolutamente nevralgiche come alcuni degli ospedali più importanti di Napoli, utilizzati non solo per organizzare summit criminali o per ricevere le vittime di rapporti usurai o estorsivi, ma anche come ulteriore strumento di gestione del proprio potere mafioso”.
Il clan Contini gestiva anche gli interventi privati al San Giovanni Bosco. E’ quanto rivela un collaboratore di giustizia che spiega come in alcune occasioni non venisse corrisposto il ticket per l’intervento e “il medico riceveva solo un regalo per la sua prestazione mentre i soldi che corrisponde il privato vengono dati al clan”.
Il racconto di un collaboratore di giustizia agli investigatori in merito alla gestione dell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli da parte della camorra rivela particolari molto inquietanti. Alcuni interventi “tipo il bypass gastrico” possono essere eseguiti dal servizio sanitario pubblico, ma anche in regime privato. “Noi interveniamo facendo scalare l’operazione, simulando una situazione di urgenza che obbliga al ricovero”, è la confessione raccolta dagli inquirenti.
Il denaro pagato per saltare la fila veniva versato direttamente al clan. “Si tratta di interventi che vengono favoriti senza necessità di alcuna prescrizione. L’unica prescrizione raccomandata sono i soldi“, si legge nelle dichiarazioni del pentito rese agli inquirenti.
Nell’ordinanza viene anche evidenziato che famiglia Contini, nel corso degli anni, è diventata una vera è propria impresa criminale investendo capitali impossessandosi di attività economiche a Napoli e in provincia, con estensioni fuori anche all’esterno della Campania.
Per il giudice, ma anche per la procura antimafia partenopea e i carabinieri, l’Alleanza di Secondigliano “è riuscita a portare avanti il progetto espansivo iniziato negli anni ’90” nonostante la repressione di magistratura e forze dell’ordine, mostrando “intelligenza e lungimiranza criminale, degna di veri statisti dell’antistato”.
La nuova inchiesta ricostruisce l’attuale struttura verticistica della cosca che si occupava della gestione delle scelte strategiche ed economiche e dei rapporti con le altre consorterie criminali. Il clan Contini è infatti centrale nell’Alleanza di Secondigliano e opera in una vasta area di Napoli, nei quartieri di San Giovanniello, Borgo San Antonio Abate, Ferrovia, Vasto, Arenaccia, Stadera, Poggioreale e Rione Amicizia.
Non solo. L’attività investigativa ha portato anche a far luce sull’intestazione fittizia di due società di noleggio auto a soggetti prestanome, reclutati e remunerati, in modo da sottrarsi a eventuali provvedimenti di sequestro. Scoperto però il meccanismo è scattato proprio il sequestro di quote societarie riconducibili al clan.