Dialoghi con il defunto nell’era Covid, un “medium” per vincere la paura della morte

Capita che in una cittadina ai piedi del Vesuvio ci si affidi al mondo dei morti per cercare una via di scampo dalle strettoie esistenziali. Come accadeva durante l’ultima guerra

È seduta su una panca di legno in attesa del suo turno al bancone della macelleria. Ha la giacca di lino beige, orecchini di perla che accompagnano le rughe del viso e i capelli bianchi raccolti in una crocchia. Sussurra tutto il tempo con un’amica che le fa compagnia, proprio sotto la mensola con i prosciutti appesi. «Stasera c’jungimmo per sentire ’e muort’ nostri» le dice in dialetto napoletano. “Stasera ci riuniamo per sentire i nostri morti”, le anime dei trapassati che non rivelano né nascondono, ma possono inviare segni. Si organizza quindi l’incontro occulto, ci si vede alle 22 in punto a casa di Rosina. Nello scantinato del palazzo, quasi ad essere più vicini alla terra a cui tutti ritorniamo, o forse reminiscenza dei rifugi antiaerei dell’ultimo conflitto per sfuggire alle bombe. Pochi eletti, nessun estraneo, ad essere evocate saranno le anime buone dei familiari stretti.

Già ai primi messaggi del presidente del Consiglio Conte che decretava il divieto di varcare la soglia di casa, è ritornata in paese l’insicurezza del futuro vissuta dagli anziani pochi decenni fa. Subito hanno paragonato la pandemia da Covid 19 alla seconda guerra mondiale, ma non tutti sono d’accordo. Un confronto ozioso perché, quando ci stai dentro, non puoi ancora capire. Puoi, però, raccontare quello che succede. E capita che in una cittadina ai piedi del Vesuvio ci si affidi al mondo dei morti per cercare una via di scampo dalle strettoie esistenziali. Come accadeva durante l’ultima guerra. In terre abituate a convivere con la paura di eruzioni, terremoti e di una natura che mostra e dimostra la sua ineluttabile potenza, avviene che il contatto con il defunto è interrogazione dell’aldilà finalizzata alla conoscenza. Se prima serviva per sapere il destino di chi era in trincea o prigioniero, oggi è usato per scrutare il corso degli eventi sul coronavirus. E capita che anziane donne, custodi di antiche memorie, ridiventino il tramite, il medium, tra il qui e il lì, tra il tempo che fu e il tempo che è.

Rievocare per colmare le crepe o per ingannare Thanatos? Il concetto di morte è passato da quello antico di evento naturale inserito nella ciclicità dell’esistenza a quello moderno di evento privato da rimuovere, tabù innominabile. La salute si è così identificata sempre più con la ricerca dell’immortalità. Se la morte rinnegata vi ritorna attraverso il rito antico, il tabù per un po’ ritrova nome. In un racconto dai contorni sfuggenti. A chiedere a Rosina come sia andata la riunione riservata si ottiene un laconico “Sapremo”. La sacralità dell’oracolo è nella riservatezza del responso. Perché va rivelato solo a coloro che credono nel ponte esoterico, altrimenti termina nel dileggio. L’intimo rifugge il pubblico e la pubblicità. Qualche notizia la puoi rubare in giro, mezza detta e mezza sussurrata. Hanno “chiamato” dall’aldilà lo zio che in vita faceva il contadino e che ha suggerito di osservare gli alberi in procinto di fare frutti, quasi come a dire che la bella stagione combatte i malanni.

Ed è così che l’insaziabile sete di conforto sfocia nell’eterodossia dell’illogico umano e dell’illecito religioso, di chi magari la mattina recita pure il Rosario e professa la comunione dei santi. Ma qui tirare in ballo la fede meticcia o il sacrilego non aiuta a comprendere. Il testo senza contesto è impossibile a leggersi. Non c’è lo spiritismo da ghostbusters, non c’è il potere paranormale canonizzato dal sesto senso. Perché è tutto nella norma di radici che si perdono, ad esempio, nel culto delle “anime pezzentelle”, poverelle, erranti perché cercano pace, secondo il quale le “capuzzelle”, cioè i teschi, del famoso cimitero delle Fontanelle (nato nella Napoli secentesca decimata dalla peste) venivano adottate dai devoti. Credenza vuole che ad ognuna di queste teste di morto, quasi quarantamila anonime, allineate ed impilate in un’ex cava di tufo, corrisponda un’anima del Purgatorio che dona favori, dalle grazie ai numeri al lotto, in cambio di preghiere. In questo scambio germina il legame tra i vivi e i morti.

Non c’è magia o fantascienza. C’è un popolo che chiacchiera con il caro estinto perché lo fa dall’epoca dei Greci, che cerca consolazione all’angoscia in un tempo mutilato di abbracci. C’è l’epifania di una sofferenza dentro l’elaborazione di un lutto collettivo. Quando l’aiuto non arriva dai vivi, lo si chiede ai morti. Che diventano parte della vita.

Claudia Procentese

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