Donatori sangue, in Campania boom di positivi ai test sulle infezioni

Il dato emerge dalla relazione sull’Attività dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità. Non avrebbe l’ok definitivo del ministero della salute, ma fa riflettere: nel triennio 2014-2016, la media campana è di 479 casi di positività su 1733 in Italia (28%), cifre anomale.  Ora servono risposte su alcune domande: tra queste, l’eventuale nesso dell’inquinamento ambientale con l’incidenza di patologie come l’epatite B, la più riscontrata

Trasfusioni e test obbligatori per legge, in Campania c’è oltre un quarto dei donatori positivi in Italia. La possibile e macroscopica anomalia risulta dalla relazione 2018 sull’Attività dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità. Il documento, presentato al Parlamento, non avrebbe ancora l’ok definitivo del ministero della salute. Tuttavia, è pubblicato sul sito del Senato, e difficilmente il quadro finale potrà variare in modo sensibile. Uno scenario da valutare, prima di cedere ad allarmismi. Però, si attendono risposte rapide dalle autorità sanitarie su alcune domande. Tra queste, l’eventuale nesso dell’inquinamento ambientale con l’incidenza di certe patologie, come l’epatite B, l’infezione prevalente nei test a livello nazionale.

 

IL BOOM POSITIVITÀ IN CAMPANIA: DA SPIEGARE. Nella relazione, la tabella 48 si occupa di Sorveglianza epidemiologica dei donatori. Si tratta del numero di donatori confermati positivi ai test di qualificazione biologica, obbligatori per legge, nel triennio 2014-2016. È l’indagine dove salta all’occhio la presunta anomalia campana. La Campania, infatti, ha una media di 479 casi di donatori positivi. Per comprendere, basti pensare che sono 1733 in tutta Italia. È quindi campano il 27.64% degli episodi di positività. Un dato troppo sopra la media, per non meritare adeguate spiegazioni. Per fare un esempio, la seconda regione più colpita è il Lazio (191 casi), seguita da Puglia (158), Sicilia (123) e Lombardia (120). All’Agenas (L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), cui fa capo l’Osservatorio, assicurano che nei prossimi giorni verranno fornite delucidazioni: si attenderebbe il disco verde del ministero alla relazione. In materia di donatori positivi, l’anno peggiore è proprio l’ultimo esaminato: nel 2016 i casi sono 561. Erano 432 nel 2014 e 445 l’anno successivo.

 

LA DESCRIZIONE DEL DATO. La relazione specifica che “la sorveglianza epidemiologica delle malattie trasmissibili con la trasfusione è lo strumento essenziale per la valutazione della sicurezza del sangue e degli emocomponenti donati”. Le informazioni raccolte interessano le donazioni positive ai test sierologici e molecolari, per la qualificazione biologica degli emocomponenti. A disporre gli esami obbligatori è un decreto del ministero della Salute del 2015. “Tutte le donazioni di sangue ed emocomponenti – spiega il documento-, vengono testate per la ricerca del virus dell’epatite B (HBV), del virus dell’epatite C (HCV), del virus dell’immunodeficienza acquisita (HIV) e del Treponema pallidum (TP)”. Dall’analisi delle notifiche pervenute nel triennio 2014-2016, emerge un numero molto variabile tra le regioni, delle positività ai marcatori delle malattie infettive trasmissibili con la trasfusione. “La maggior parte delle infezioni – si legge – è diagnosticata nei donatori cosiddetti First time tested donor (donatore FT, persona testata per la prima volta per i marcatori infettivi previsti dalla normativa vigente) e tra le infezioni virali, quella che presenta valori di incidenza e prevalenza più elevati è l’infezione da HBV”. Adesso, non resta che fare chiarezza sulla Campania.

Gianmaria Roberti

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