Napoli, il tribunale per i minori toglie i figli ai camorristi: in 6 via dalla Campania

Cinque dei sei bimbi sono figli di persone considerate esponenti del clan attivo nella zona del Pallonetto di Santa Lucia e coinvolte nell’operazione dello scorso 17 gennaio, che portò all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 45 persone. In quell’occasione fu anche smantellata una piazza di spaccio nella quale erano impiegati anche minori sia nelle attività di vendita che nel confezionamento della droga

Cinque dei sei bimbi interessati dal provvedimento sono figli di persone considerate esponenti del clan attivo nella zona del Pallonetto di Santa Lucia e coinvolte nell’operazione dello scorso 17 gennaio, che portò all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 45 persone. In quell’occasione fu anche smantellata una piazza di spaccio nella quale erano impiegati anche minori sia nelle attività di vendita che nel confezionamento della droga. Responsabilità genitoriale sospesa per alcuni elementi di spicco ed affiliati al clan camorristico Elia di Napoli. A deciderlo il tribunale per i Minorenni del capoluogo campano che ha disposto la collocazione in case famiglia fuori dalla Campania per sei bambini d’età compresa tra i tre e i 14 anni. Ad eseguire il provvedimento i carabinieri della Compagnia Napoli Centro. Quattro dei sei bambini oggetto del provvedimento sono fratelli, mentre un quinto è cugino di questi ultimi.

 

I GIUDICI: “RISCHIO DEVIANZA PER I MINORI” – I bambini per i quali il Tribunale per i Minorenni di Napoli ha disposto la collocazione in casa famiglia “risultano inseriti – si legge nel provvedimento – in un contesto familiare, territoriale e sociale gravemente pregiudizievole, al punto tale da comprometterne la possibilità di un equilibrato sviluppo della personalità con conseguente rischio di devianza”. I giudici parlando inadeguatezza delle figure genitoriali “investite della responsabilità educativa: figure che riproducono, in difformità con la funzione educativa che dovrebbero espletare, un sistema di valori connotato in senso delinquenziale e che riproduce, nella sfera familiare, il negativo contesto ambientale in cui il nucleo è inserito”.  Pertanto “far permanere i minori nella loro abitazione, affidati alle cure delle rispettive famiglie, significherebbe farli restare in quel contesto che è già risultato essere per loro gravemente pregiudizievole”.Come ulteriore prova “della negatività del modello educativo finora proposto a questi minori”, viene citato il fatto che “spesso, proprio all’interno delle proprie abitazioni, i genitori avevano stabilito basi operative per l’attività di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti”. “All’interno di queste case – si legge – i minori non perseguivano alcuno stimolo educativo o formativo, ma imparavano a padroneggiare i modus operandi delinquenziali tipici degli adulti a contatto con loro, in alcuni casi addirittura partecipando al confezionamento e spaccio delle dosi di stupefacente”.

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest