Boubacar: “I popoli africani sono stanchi della Francia e degli Stati Uniti che saccheggiano le risorse a scapito del benessere delle comunità”

articolata analisi del coordinatore regionale del Movimento per la salvaguardia dei diritti umani in Africa occidentale

 Dal Senegal al Niger “i venti stanno cambiando: c’è molta insofferenza verso i vecchi partner, come la Francia, e una parte della popolazione chiede una via panafricana“. Ne è convinto N’Djim Boubacar, coordinatore regionale del Movimento per la salvaguardia dei diritti umani in Africa occidentale (Mouvement pour la Sauvegarde des Droits de l’Homme – Afrique del’Ouest, Msdh) organismo che si occupa di Mali, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea Conakry e Senegal.


L’intervista con l’agenzia di stampa Dire avviene in una giornata densa di eventi per questo angolo del continente: è di stamani la conferma del ricovero presso l’ospedale militare di Dakar di Ousmane Sonko, il principale oppositore di Macky Sall, il presidente definito da alcuni analisti “grande amico” del governo di Parigi che in quest’area fatica a mantenere i suoi tradizionali interessi.

Il Senegal- evidenzia il coordinatore del Movimento- fino a tre anni fa era punto di riferimento per l’ Africa occidentale ma ora la democrazia si sgretola perché gli interessi economici di certi politici e di Paesi come la Francia superano l’attenzione che dovrebbero avere i diritti umani“.

Lo dimostrerebbe proprio la vicenda Sonko, già condannato a due anni di reclusione a giugno, e dalla settimana scorsa in custodia cautelare per nuovi capi d’accusa. Da nove giorni quindi digiuna per denunciare la persecuzione politica e secondo Boubacar, in contatto con gli avvocati, “le sue condizioni di salute sono preoccupanti”.


Anche più a est, in Niger, l’amicizia del presidente Mohamed Bazoum con la Francia sarebbe all’origine di tensioni, che hanno però prodotto il colpo di Stato del 26 luglio.

Nel Paese ricco di uranio ma preda della povertà, oggi però la popolazione tira il fiato: l’Ecowas – l’Organizzazione degli stati dell’Africa occidentale – ha rinviato l’intervento militare volto a ripristinare il governo Bazoum, a cui avrebbero partecipato Nigeria, Senegal, Benin e Costa d’Avorio. Così, a Niamey, sono arrivati i rappresentanti di Mali e Burkina Faso, Paesi a loro volta guidati da giunte militari salite al potere con dei golpe, decisi nel riaffermare la distanza dagli Stati dell’Ecowas – ritenuti più vicini all’occidente – e creare con la giunta nigerina un’alleanza in chiave anti-francese e aperta alla collaborazione con la Russia.


Bisogna comprendere che nella regione il vento sta cambiando” dice Boubacar, “le persone chiedono una svolta. Una parte vuole alleati nuovi e anche i senegalesi sono stanchi di partner come la Francia o gli Stati Uniti”, accusati di saccheggiare le risorse a scapito del benessere delle comunità.

La nostra organizzazione naturalmente non è a favore dei colpi di Stato, che sono atti anti-democratici”, chiarisce il coordinatore dell’Msdh, “ma non si può ignorare che cresce l’appello a una ‘via panafricana’. Aspettiamo di vedere a cosa porterà. Le crisi politiche però non si risolvono con le armi ma col dialogo”.


Il suggerimento dell’esperto è rivolto tanto alle giunte militari quanto ai membri dell’Ecowas, che si sono dimostrati pronti ad aggredire il Niger, ottenendo anche l’impegno del Senegal: “Organizzazioni come l’Ecowas e l’Unione africana- continua Boubacar- dovrebbero prevenire i conflitti, invece hanno un potere limitato, essendo guidate da quei governanti contro cui le popolazioni protestano”. Come il presidente Macky Sall, che in Senegal è accusato di volersi candidare per la terza volta alle prossime elezioni, sebbene la Costituzione lo vieti.

Sall in realtà ha chiarito che non intende farlo, ma in molti non si fidano e i processi a carico di Sonko gli darebbero ragione: sarebbero una strategia per liberarsi di un avversario scomodo alle elezioni del 2024.

Dal 2021 Sall sta imbavagliando il dissenso– accusa ancora Boubacar- minando la democrazia. Chiunque si è opposto è finito nel mirino. Attivisti, giornalisti, politici, semplici cittadini: contiamo almeno mille arresti nonché morti e feriti nelle manifestazioni represse con violenza“.

A giugno, durante i cortei contro la condanna a due anni per Sonko, almeno 16 persone hanno perso la vita secondo Human rights watch.

Dopo qualche tempo “il partito di Sonko, Pastef, è stato sciolto, e anche questa è una terribile violazione“, avverte Boubakar.


Il Movimento per la salvaguardia dei diritti umani dunque è al lavoro per “mettere in comunicazione tutti gli attori della società civile dei Paesi che seguiamo affinché elaborino opinioni e soluzioni, che poi presenteremo ai governanti” dice il coordinatore, certo che l’Unione europea, invece di preoccuparsi solo di fermare le partenze dei migranti, debba fare la sua parte per creare stabilità e sviluppo: “La guerra russo-ucraina sta stravolgendo l’ordine mondiale con ripercussione anche nei nostri Paesi. Servono investimenti per risolvere la disoccupazione, che obbliga tanta gente a cercare altrove una vita migliore”.

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