Gianluca Cimminiello, estraneo alla malavita, respinse con la sua prestanza fisica la spedizione punitiva degli Scissionisti, decisa per motivi di concorrenza. Eseguite tre ordinanze di custodia: anche il boss Arcangelo Abete

NAPOLI – Nuova svolta nelle indagini sull’omicidio del giovane tatuatore, estraneo ad ambienti criminali, ucciso in un agguato il 2 febbraio di cinque anni fa. Due boss sono accusati di essere mandante ed esecutore materiale dell’assassinio di Gianluca Cimminiello, consumato all’esterno del suo negozio sulla sulla Circumvallazione esterna, nel tratto di Casavatore. Le indagini dei carabinieri hanno portato all’emissione da parte dei gip di Napoli di tre misure cautelari a carico di Arcangelo Abete, boss degli scissionisti di Secondigliano, per il suo alleato Raffaele Aprea, e per Vittorio Russo, già condannato in primo grado per questo omicidio, ma libero per decorrenza termini della carcerazione dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza di Appello.

 

LA STORIA – Il tatuatore aveva postato sul suo profilo Facebook un fotomontaggio di se stesso accanto al calciatore Ezequiel Lavezzi, amante dei tatuaggi. Secondo le indagini, provocò una reazione di gelosia in un suo concorrente, Vincenzo Donniacu, che si rivolse al clan Amato-Pagano per dargli una lezione.  Nel negozio dell’uomo così – per gli inquirenti –  si presentò un gruppo formato anche dal nipote e dal cognato del boss Cesare Amato. Il quartetto però ebbe la peggio, perché Cimminiello era un esperto di arti marziali. Soprattutto Vincenzo Noviello, cognato di Pagano, fu picchiato violentemente. Pochi giorni dopo, un finto cliente con un pretesto condusse fuori dal negozio il tatuatore e un sicario freddò il giovane con due colpi di pistola.  Una dinamica ricostruita anche grazie alla fidanzata di Cimminiello, Anna Vezzi, presente al momento del delitto e ora testimone di giustizia.

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