Corruzione, indagato sottosegretario leghista Siri. Il M5S gli leva le deleghe: Dimettiti

L’ideologo della flat tax, ora al Mit, è accusato di aver chiesto una mazzetta di 30.000 euro in cambio di un emendamento da inserire nel Def 2018, per contributi nel settore rinnovabili. Il tramite sarebbe Paolo Arata, ex deputato sospettato di rapporti con un imprenditore in odor di mafia. Di Maio: “Opportuno che lasci, la questione è morale”. Lui però respinge gli addebiti e resta al suo posto. E Salvini prova a blindarlo

Grana nel governo: indagato per corruzione Armando Siri, sottosegretario leghista ai Trasporti. Il ministro Toninelli gli toglie subito le deleghe, il M5S ne chiede compatto le dimissioni. Siri è indagato dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta nata a Palermo. L’ipotesi degli inquirenti è che abbia ricevuto denaro per modificare un norma da inserire nel Def 2018, che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per imprese del campo energie rinnovabili. Gli viene contestato di aver caldeggiato degli emendamenti, in cambio di una mazzetta da 30 mila euro. Il tramite sarebbe Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia e responsabile del programma della Lega sull’Ambiente (indagato per concorso in corruzione). Arata è anche sospettato di rapporti con l’imprenditore Vito Nicastri, il “re” dell’eolico ai domiciliari perché ritenuto vicino all’entourage del superlatitante Matteo Messina Denaro. Ce n’è abbastanza per far salire la tensione a Palazzo Chigi. La norma al centro dell’inchiesta, tuttavia, non risulta approvata.

 

“Alla luce delle indagini delle procure di Roma e Palermo, con il coinvolgimento della Direzione investigativa antimafia di Trapani – recita una nota del Mit-, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha disposto il ritiro delle deleghe al sottosegretario Armando Siri, in attesa che la vicenda giudiziaria assuma contorni di maggiore chiarezza. Secondo il Ministro, una inchiesta per corruzione impone infatti in queste ore massima attenzione e cautela”. Per Di Maio “un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto grave. Non è più una questione tecnica giuridica ma morale e politica. Sarebbe opportuno che Siri si dimettesse. Gli auguro di risultare innocente e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita”. Si accodano i capigruppo M5S di Camera e Senato, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli:  “Siri ha tutto il diritto di chiarire la sua posizione, ma non può farlo dai banchi del governo. Non possono esistere zone d’ombra sull’operato dell’esecutivo, è fondamentale tutelare la fiducia dei cittadini”. Il sottosegretario leghista, però, ribatte: “Non ho fatto niente di male, non ho ragioni per dimettermi”. Per i magistrati, comunque, Siri non sarebbe stato a conoscenza dei legami tra Arata e Nicastri. E la Lega fa quadrato intorno a lui. Prima, in una nota, conferma la “piena fiducia nel sottosegretario Armando Siri, nella sua correttezza. L’auspicio è che le indagini siano veloci per non lasciare nessuna ombra”. Poi il leader Matteo Salvini prova a blindarlo: “L’ho sentito oggi, l’ha letto dai giornali, è assurdo. Lo conosco, lo stimo, non ho dubbio alcuno, peraltro stiamo parlando di qualcosa che non è finito neanche nel Def”. E il ministro Giulia Bongiorno se la prende con i pentastellati, evocando il caso Raggi: “Stupisce il giustizialismo a intermittenza con il quale vengono valutate le diverse vicende giudiziarie a seconda dell’appartenenza del soggetto indagato a uno schieramento politico”.

 

 

CHI È SIRI. Genovese e trapiantato a Milano, Armando Siri è giovane (47 anni), ma politicamente non certo di primo pelo.  Giornalista di Mediaset, le origini sono da socialista rigorosamente craxiano. In coerenza con questo dna, si avvicina a Forza Italia, anche se nel 2010 fonda un suo movimento, il Partito Italia Nuova (Pin). Dal 2014 si avvcina a Salvini, diventa consigliere economico e responsabile della scuola di formazione politica della Lega. Del Carroccio è figura chiave, vestendo i panni del protagonista nella svolta nazionale del partito. Affianca il segretario negli incontri con Steve Bannon, ed è considerato l’ideologo della flat tax, con aliquota al 15%. Eletto senatore nel 2018, il suo approdo al governo è osteggiato dal Movimento 5 Stelle, perché si porta dietro un patteggiamento per bancarotta fraudolenta, relativo al fallimento della società Mediaitalia. Ma Siri ha troppo peso nella Lega, e riesce a diventare sottosegretario al Mit. Tante le deleghe, ora sospese: sistemi informativi e statistici, sviluppo del territorio, sistema delle città, riqualificazione urbana, navigazione, aeroporti e trasporto aereo. Nelle ore del braccio di ferro sulla Tav, si fa promotore della cosiddetta “clausola della dissolvenza” per far partire i bandi. Ma con gli alleati sono diverse le frizioni: in campo tributario, è artefice della proposta sulla “pace fiscale”, passata in versione ridotta nella legge di bilancio. Uno così è nel cuore di Salvini, ma ai grillini rimane indigesto.

(Foto Armando Siri/Fb)

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