Estelle, fiaba senza lieto fine

Il racconto di Massimo Piccolo pubblicato nella collana “I Narratori” di Cuzzolin Editore

“Tanto tempo fa, in un castello a picco sul mare, viveva una bellissima principessa di nome Estelle”. Questo è l’inizio di “Estelle”, racconto di Massimo Piccolo pubblicato nella collana “I Narratori” di Cuzzolin Editore, che ha come sottotitolo “Storia di una principessa e di un suonatore di accordìon”.
Il racconto, pur partendo come tale, non è quello di una storia d’amore, ma di una storia di vita, di vite nelle quali basta l’ingresso di una persona, di una singola persona, anche solo per pochi giorni, per far sì che tutto cambi. In bene o in male.
L’opera nasce come una fiaba, e come una fiaba continua, come un sussurro cantilenante raccontato dalle mamme ai bambini. E come ogni favola della buonanotte, quanto il piccolo è immerso in quel momento tra la veglia e il sonno, non importa quello che viene detto, importa il come. Il come di Massimo Piccolo è magistrale.
Non bisogna fraintendere, il racconto è parecchio interessante, e a una prima parte forse un po’ avara di sorprese contrappone, con il colpo di metà narrazione, una seconda parte totalmente nuova e innovativa. Ma è l’ambientazione la vera protagonista del racconto, l’atmosfera da fiaba nella quale il lettore si cala totalmente, immaginando Juan come un novello Pifferaio Magico ed Estelle come una delle tante principesse delle fiabe incapaci di salvarsi da sole. Da quest’atmosfera fiabesca è difficile uscire, forse impossibile senza l’abile ponte con la realtà che è rappresentato dal finale, che ci ricorda che la vita vera è quella che viviamo tutti i giorni, e che le fiabe non hanno sempre il loro “per sempre felici e contenti”.
Le descrizioni dei luoghi e delle persone fatte da Massimo Piccolo non sono mai pesanti, cullano il lettore nella rilassante sensazione che ogni parola, ogni segno di interpunzione, siano messi esattamente dove devono essere. La spiegazione di parole arcaiche o poco note al lettore (ad esempio nomi di venti o di uccelli, ma anche lo stesso accordìon del sottotitolo) viene lasciata alle note a piè pagina, scelta particolarmente apprezzata per la sua attenzione a non stravolgere la musicalità del testo.
Nel complesso l’opera è un piccolo capolavoro, lo stile di “Estelle” ricorda quello di un romanzo di Mathias Malzieu, o di un film d’animazione di Tim Burton. Sembra di ritrovarsi in una fiaba, che però è qualcosa di totalmente diverso da una fiaba, nella cui atmosfera ovattata avvengono eventi terribili e in cui i personaggi sono chiamati a fare scelte ben più importanti di quelle che vengono narrate in un sussurro dalle mamme ai piccoli prima di addormentarsi.

Camilla Brancaccio

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