Rapporto Svimez: “Dal 2000 a oggi 2 milioni di persone hanno lasciato il Sud”

Uno su cinque dei cittadini andati via dal nostro Paese sono laureati. 

Dal 2000 hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati”. E’ quanto emerge dal rapporto Svimez, che critica il reddito di cittadinanza per quanto riguarda il lavoro. Viene infatti definita una misura utile per la povertà ma il cui impatto sul mercato del lavoro “è nullo”. La nuova migrazione è figlia dei profondi cambiamenti intervenuti nella società meridionale che sta invecchiando e non si dimostra in grado di trattenere sia la sua componente più giovane, le fasce di età 25-29 anni e 30-34 anni, quella con un elevato grado di istruzione e formazione, sia coloro che hanno orientato la formazione verso le arti e i mestieri. Oltre il 68% dei cittadini italiani che nel 2017 ha lasciato il Mezzogiorno per una regione del Centro-Nord, aveva almeno un titolo di studio di secondo livello. La consistente perdita dei giovani laureati interessa tutte le regioni del Mezzogiorno e assume un rilevo maggiore in Basilicata e in Abruzzo, rispettivamente il 33,9% e il 35%. Nelle altre regioni meridionali la quota dei laureati che si trasferisce al Centro-Nord supera sempre il 30% con l’eccezione della Campania (29,1%) e della Sardegna (28%).

Nascite al minimo – Il rapporto sottolinea poi che nel nostro Paese è stato raggiunto “un nuovo minimo storico delle nascite” con 157 mila bambini venuti alla luce al Sud, cioè 6 mila in meno rispetto al 2017. La novità, si legge nel documento, è che “il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli”. 

Lavoro, risale la Nord-Sud – Nell’ultimo decennio il gap occupazionale tra Sud e Centronord è cresciuto dal 19,6% al 21,6%. Questo trend, dice il rapporto, “comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centronord sono circa 3 milioni. La crescita dell’occupazione nel primo semestre del 2019 riguarda solo il Centronord (+137mila), cui si contrappone il calo nel Mezzotiorno (-27mila)”. 

I rischi per l’economia – Senza un’inversione di tendenza sul fronte della fuga dei giovani “nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15% nel Centronord (-3,9 milioni) e del 40% nel Mezzogiorno (-5,2 milioni)”, avverte l direttore dello Svimez Luca Bianchi. Uno scenario definito “insostenibile”, viste anche le conseguenze economiche: tra meno di 50 anno, con “i liveli attuali di occcupazione, produttività e saldo migratorio, l’Italia perderà quasi un quarto del Pil, il Sud oltre un terzo”. Gli antidoti a tali effetti, secondo lo Svimez, “sono legati a un significativo incremento del tasso di occupazione, in particolare quello femminile”.

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