Omicidio dell’innocente Romanò, confermato ergastolo  per Marco Di Lauro

Giudizio d’appello sull’agguato della prima faida di Scampia: il 24 gennaio 2005 fu assassinato per errore il giovane impiegato di un negozio di telefonia

Omicidio della vittima innocente Attilio Romanò (nella foto), confermato l’ergastolo per Marco Di Lauro. La corte d’assise d’appello di Napoli conferma la condanna del boss, ritenuto mandante, nel giudizio bis sull’agguato della prima faida di Scampia. Una delle pagine più nere di quella guerra di camorra. Il 24 gennaio 2005 fu assassinato per errore il 29enne, impiegato di un negozio di telefonia, estraneo ad ogni giro malavitoso. Nella ricostruzione degli inquirenti, il sicario piombò nell’esercizio all’ora di spacco, scambiando Attilio per il vero obiettivo: un nipote del boss scissionista – oggi pentito – Rosario Pariante. Per quell’agguato mortale Marco Di Lauro, quarto figlio del capoclan Paolo Di Lauro, è stato condannato all’ergastolo in primo e secondo grado. Ma sono solo i primi capitoli di una complessa storia processuale. La sentenza d’appello, infatti, è stata annullata dalla Cassazione con rinvio. Nel nuovo processo, il collegio giudicante – presidente Romano, giudice a latere Taddeo – ha però confermato la pena perpetua, accogliendo la richiesta del pg Carmine Esposito. Annunciano ricorso in Cassazione i difensori di Di Lauro jr, Sergio Cola e Gennaro Pecoraro. “Ancora non ci credo” dice la madre della vittima fuori dall’aula, abbracciando l’assessore comunale Alessandra Clemente. Una commozione composta si legge negli occhi della famiglia di Attilio, accompagnata dai referenti di Libera e del coordinamento campano familiari delle vittime innocenti. “Questa sentenza non ci restituirà mio fratello, ma – dichiara Maria Romanò – la riteniamo importante perché fa capire che la giustizia fa il suo corso e che è importante scegliere le strade giuste. Chi non lo fa prima o poi si ritroverà a fare i conti con la giustizia”. Marco Di Lauro è considerato il reggente dell’omonima cosca, o almeno tale fino alla cattura del marzo scorso, avvenuta dopo 14 anni di latitanza. Al momento sconta una condanna a dieci anni per associazione mafiosa. Per l’omicidio Romanò c’è già una condanna definitiva, quella del killer Mario Buono.

Gianmaria Roberti

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