Yara, il giorno della sentenza. Bossetti ai giudici: “Ripetete il test del dna”

L’imputato di omicidio: “Sarò uno stupido, sarò un cretino, sarò un ignorantone ma non sono un assassino. Se fossi l’assassino sarei un pazzo a dirvi di rifarlo”

Massimo Bossetti, unico imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio, inizia con la voce rotta dall’emozione l’ultima udienza del processo che questa sera vedrà il verdetto, dopo 45 udienze, ma poi pare quasi salire in cattedra per spiegare che nel suo dibattimento “non c’è una sola certezza vera” e scandire: “Ancora oggi vi supplico, vi imploro, datemi la possibilità di fare questa verifica, ripetete l’esame sul Dna, perché quel Dna trovato non è il mio”.

“Se fossi l’assassino sarei un pazzo a dirvi di rifarlo”, argomenta con le sue dichiarazioni spontanee nella speranza di evitare un ergastolo con sei mesi di isolamento diurno, come chiesto dal pm Letizia Ruggeri. In aula, ad ascoltarlo, ci sono anche la moglie, Marita Comi, e la sorella gemella, Laura Letizia. Bossetti non vedeva l’ora di parlare di sé ai giudici, “per dirvi come realmente sono, non la persona descritta in quest’aula”.

“Sarò uno stupido, sarò un cretino, sarò un ignorantone ma non sono un assassino: questo deve essere chiaro a tutti” e “quello che mi viene attribuito – ha proseguito – è vergognoso, molto vergognoso”.

“E’ impossibile, molto difficile assolvere Massimo Bossetti, ma se mi condannerete sarà il più grave errore del secolo”, ha detto il muratore di Mapello, parlando di sé in terza persona.

Prima l’ultima schermaglia tra accusa e difesa: gli avvocati depositano una memoria che ricostruisce la storia della traccia 31G20, che contiene il Dna che inchioderebbe Bossetti.

La Procura si oppone, sottolineando, la “singolarità del comportamento” dei legali, da momento che il dibattimento è concluso. La Corte ammette la memoria. Ultimo atto di un processo durato un anno e che questa sera, non prima delle 20, vedrà la sua prima verità giudiziaria.

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