Il business della formazione professionale  sulla pelle dei disoccupati

Enti, agenzie, pseudo borse lavoro nazionali e corsi accreditati, fantomatici “Centri sperimentali di sviluppo delle competenze”  finanziati  dalle casse pubbliche.  Miliardi di euro polverizzati in centinaia di migliaia di  progetti di formazione privi di qualsiasi seria valutazione.

La formazione professionale è un affare. Un affare di oltre 2 miliardi di euro l’anno. Un affare che si consuma sulla pelle dei disoccupati. Le regioni continuano a  bruciare quattrini tra enti regionali di formazione professionale, consorzi di bonifica, enti strumentali e bilaterali. Siccome la formazione è d’obbligo, vengono organizzati corsi per asfaltare dipingere staccionate in partnership anche da enti di Fp regionali, Anas e altri enti para regionali. E c’è una cosa ancora più importante: i corsi di formazione non sono finalizzati e non si traducono in nuovi posti di lavoro. E le Regioni, con qualche scarsissima eccezione, non fanno valutazioni, controlli per verificare se i disoccupati iscritti, pagati con fondi dell’Europa e dello Stato italiano, trovino poi lavoro grazie a quei corsi. Verifiche fondamentali che andrebbero effettuate per non perdere tempo e risorse, per evitare di arricchire gratuitamente i nostri formatori con soldi pubblici.

Bilioni di chiacchiere, carte, protocolli, iter burocratici che agevolano l’agonia economica del nostro Paese. Enti, agenzie, pseudo borse lavoro nazionali e corsi accreditati, fantomatici “Centri sperimentali di sviluppo delle competenze”  finanziati  dalle casse pubbliche.  Miliardi di euro polverizzati in centinaia di migliaia di  progetti di formazione privi di qualsiasi seria valutazione.

Per un ente di formazione, dunque, è facile ottenere un finanziamento pubblico: basta raccogliere un certo numero di disoccupati, contattare dei docenti e proporre un progetto formativo alla Regione, senza bisogno di dimostrare che in passato un corso simile ha dato risultati o di conoscere quantomeno cosa cercano le imprese di quel territorio. E poi ci sono le truffe vere e proprie:  fatture fittizie o gonfiate per servizi mai forniti sui corsi di formazione. Per non parlare dei giovani sfruttati con rapporti di lavoro veri e propri, gratuiti e senza contributi, spacciati per tirocini: 500 euro al mese di compenso, quasi sempre pagati in ritardo, e poi alla scadenza dei sei mesi vengono lasciati a casa e viene preso un nuovo tirocinante. I corsi di formazione alimentano anche clientele e sprechi: tutor e docenti pagati profumatamente a peso d’oro, pranzi, pranzetti e gadget che costano tantissimo. Emergono molte responsabilità e complicità. Responsabilità e complicità che coinvolgono anche associazioni imprenditoriali e  sindacali che in alcuni enti svolgono il ruolo di gestori. Qualche esempio? Gli enti bilaterali previsti dai contratti nazionali di lavoro dovevano assumere un ruolo di consulenza e di mutuo soccorso per le imprese e i lavoratori. Sugli enti bilaterali ci ritorneremo in maniera più approfondita.

                                                                                                                                                ErMa

 

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