Gli aerei turchi sganciano bombe italiane sul popolo curdo

Nuovi raid su Tal Abyad

Proseguono i bombardamenti dell’artiglieria e dell’aviazione turca contro obiettivi curdi nel nord-est della Siria. Lo riferiscono le tv locali, mostrando tra l’altro immagini del fumo che si leva in questi minuti dalla zona di Tal Abyad, di fronte alla località frontaliera turca di Akcakale. Altri raid si segnalano sull’area di Ras al Ayn, l’altro punto d’accesso dell’offensiva di Ankara, distante circa 120 km da Tal Abyad. Feriti e morti tra i civili. E a quanto pare gli aerei turchi sganciano bombe prodotte in Italia. Il governo turco, infatti, è uno dei principali clienti dell’industria italiana per la produzione di armi. In poche parole, i bombardamenti   contro i curdi, avviati nelle ultime ore, sono possibili  anche grazie alle bombe Made in Italy. Nel 2018,  il nostro ministero degli Esteri ha autorizzato vendite per 360 milioni di euro. In particolare, sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, razzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software.

E quello del 2018, non è certamente un caso isolato. Anzi è solo la tranche più recente di una serie di autorizzazioni che prosegue incessantemente. Quanto grande? Quasi 900 milioni, rivelano gli analisti della Rete Italiana per il Disarmo. “Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro”–  sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo. “Le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland”. La richiesta della rete di associazioni pacifiste è direttamente indirizzata al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio: sospendere con effetto immediato tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato. “Chiediamo con forza al governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile” –  afferma Vignarca. “In particolare risultano drammatiche le notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpito anche obiettivi civili”. Peraltro, continuare a fornire armamenti alla Turchia dopo aver sostenuto attivamente l’impegno delle popolazioni curde contro le forze dell’ISIS è un evidente paradosso. “Una contraddizione intollerabile” –  osserva Giorgio Beretta analista sull’export di armi per la Rete italiana per il disarmo – È giunto il momento che anche il Parlamento faccia sentire la propria voce. Deve chiedere lo stop alle forniture di sistemi militari di produzione italiana fino a che la situazione non sarà chiarita. L’appartenenza della Turchia alla NATO non può costituire un alibi per non affrontare la questione ed assumere le necessarie decisioni”.

A chi vende le armi l’Italia

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